La notte del 10 Maggio 1933, cinque mesi dopo l'ascesa di Hitler al potere, Berlino fu illuminata dal rogo dei libri. Più di 20.000 volumi furono gettati dentro un unico enorme falò.
Il rogo di libri non fu organizzato direttamente dal governo di Hitler, bensì dagli studenti tedeschi stessi, infervorati dalla propaganda del nazismo che stigmatizzava gli intellettuali in genere, e in particolar modo quelli ebrei o di sinistra. Gli studenti dell’Università di Berlino passarono settimane a compilare liste di scrittori e libri ‘non tedeschi’, perlustrarono poi biblioteche pubbliche e private alla ricerca dei volumi incriminati. E il 10 Maggio 1933 (continua su libreriamo.it). Tra le opere date alle fiamme vi furono i libri dei massimi teorici ed esponenti letterari del socialismo, da Karl Marx a Bertold Brecht, di autori stranieri quali Ernest Hemingway e Jack London, di scrittori tedeschi avversi al nazismo come Thomas Mann, Erich Kästner, Heinrich Mann e i libri di autori ebrei, tra i quali Franz Kafka, Arthur Schnitzler, Franz Werfel, Max Brod e Stefan Zweig.
Berlino. 10 maggio 1933
Nel 2003 Elfriede Bruning scriveva: sono passati settant'anni da allora, il tempo d'una vita. Eppure ho davanti agli occhi le immagini di quel giorno funesto, come se fosse ieri. Ero andata anch'io sull'Opernplatz di Berlino, non per il gusto del sensazionale, tantomeno con l'entusiasmo dei tanti curiosi intorno a me, venuti per assistere all'orrendo spettacolo... continua a leggere su IlManifesto
Una puntata di Passato e Presente su RaiPlay ripercorre il 10 maggio 1933
Purtroppo questo non è il solo rogo di libri che la storia ricordi, diversi infatti sono i momenti
storici che hanno visto incendi di libri ordinati come forma di censura contro idee in contrasto
con il potere:
# I LIBRI SONO PERICOLOSI: perciò li bruciano, Pierluigi Battista
Continuano a bruciare libri. Sulle pubbliche piazze. O nelle piazze virtuali: i piromani d'oggi si dedicano ai social network. Ma chi sono i vecchi e nuovi incendiari? Dall'Inquisizione a Savonarola, da Hitler a Mao fino al caso Salman Rushdie, l'intreccio tra le fiamme dei roghi e le maglie della censura ha accompagnato in modo sorprendente tutta la storia del libro. Nel secolo dei Lumi più che nel Medioevo, tra i colti più che tra gli ignoranti, a sinistra non meno che a destra. Perché i libri sono davvero pericolosi, non sono la solida e rassicurante fonte di Bene e di Bellezza raccontata nella liturgia dolciastra degli appelli alla lettura. Queste pagine sono una difesa appassionata dei libri, ma anche una sferzata contro i luoghi comuni che li accompagnano. Perché forse a bruciarli non sono sempre i nostri nemici: "Guardiamoci attorno, guardiamo chi abbiamo al nostro fianco, forse il piromane è tra noi".
LIBRI AL ROGO, Lucien X. Polastron
La censura libraria, nell'immaginario collettivo come nella realtà storica, ebbe i suoi più cupi fasti nel rogo dei libri: poiché se antico e molteplice è il nesso tra libri e libertà, non meno antica e molteplice è la reazione di divieto. Di roghi di libri è piena la Storia, e Polastron la racconta con esattezza documentaria ed emozione. Dall'antichità ai nostri giorni il bagliore, reale o metaforico, di quei fuochi ha puntualmente illuminato passaggi significativi e drammatici della vicenda umana, identificandosi talvolta con la volontà di distruzione di un intero popolo. Certo, il rogo è l'ultimo e rozzo passo di una più articolata storia di censure nei confronti del libero pensiero, ma la sua frequenza è notevole.
STORIA UNIVERSALE DELLA DISTRUZIONE DEI LIBRI, Fernando Báez
"Dove si bruciano i libri, si finisce per bruciare anche gli uomini": queste parole di Heinrich Heine ci ricordano che in tutte le epoche e civiltà il libro, come strumento di trasmissione delle idee e della memoria, è stato vittima del fanatismo e della censura. Da quando è nata la scrittura, gli elementi della natura e la volontà distruttrice dell'uomo hanno messo in pericolo la sopravvivenza dei suoi supporti materiali. In questa edizione, rivista e ampliata rispetto all'originale, Fernando Bàez ricostruisce l'inquietante storia della distruzione dei libri, vittime delle catastrofi naturali, delle fiamme, delle guerre e soprattutto dell'intolleranza politica e religiosa. L'itinerario parte dalle tavolette sumere e giunge fino al saccheggio di Baghdad all'inizio del secolo XXI, passando per la sparizione della leggendaria biblioteca di Alessandria, i grandi classici greci perduti, i roghi dell'imperatore cinese Shi Huangdi, la rovina dei papiri di Ercolano, gli abusi degli inquisitori, l'incendio dell'Escorial, l'eliminazione dei libri durante la guerra civile spagnola, le persecuzioni degli scrittori da parte dei totalitarismi del Novecento.
I libri bruciano male, Manuel Rivas
A Coruña, notte del 18 agosto 1936: sulla darsena del porto e nelle varie piazze della città ardono grandi pire. Ma non si tratta delle tradizionali fogueiras accese per animare le sagre popolari estive: sono i franchisti che, un mese dopo il golpe, stanno dando fuoco ai libri delle biblioteche della città per cancellare ogni traccia del passato repubblicano. Bruciare i libri significa uccidere le idee, gli uomini e le storie che racchiudono. Attorno a quest'evento, a questo buco nero, ruota un carosello di voci senza fine: i deliri intellettuali del Dottor Montevideo e le raccapriccianti esecuzioni di Federico Garcìa Lorca e dell'editore corugnese Ánxel Casal, gli abusi di potere del giudice Ricardo Samos, spalleggiato dal torvo Ispettore Ren, e le "mulleres con cousas na cabeza" della pittrice e spia repubblicana Chelo Vidal, il censore Tomás Dez, simbolo dell'anti-cultura fascista, l'affascinante figura di Terranova, viveur amante del bel canto e delle feste paesane aiutato dall'amico e pugile Curtis. Un'atmosfera di terrore e oscurantismo troppo nauseabonda per non far riecheggiare nella nostra memoria le atrocità che in quegli stessi anni il fascismo perpetrava in Italia. Con "I libri bruciano male" Rivas torna a parlare della Guerra civile, ma in maniera decisamente più matura e ambiziosa, smascherando le molte contraddizioni di un paese.
“Di tanto in tanto, quando una pagina si accartocciava, vedeva parole bruciare. Lui cercava di penetrarle, di catturarle prima chediventassero fumo. Ora capiva perché quei roghi facevano così poche fiamme. Il fuoco bruciava verso dentro, seguiva i solchi delle parole stampate. Radicate nella carta, le parole possono essere come l’erica, come la ginestra. Può piovere, sul libro, e le parole emanano ancora calore. E alcune ci mettono più di altre a bruciare. Questo spiega perché rimangono isolate tra le ceneri, poggiando su piccole membrane simili alle ali dei grilli, delle cicale o delle cavallette” ( I libri bruciano male, Manuel Rivas p. 77).
Il rogo di libri è il gesto più distruttivo e allo stesso tempo più simbolico per cancellare una cultura e le idee che l’hanno accompagnata, e difatti la pira franchista è allestita “nel punto più esposto della città, davanti al centro simbolico del potere civile”, ben visibile anche da lontano. Un gesto inedito, mai vissuto dalla città di A Coruña... continua a leggere su bibliotecheoggi.
Curiosità letterarie
Altri roghi di libri raccontati: