Romanzi e racconti africani prodotti a partire dalla seconda metà del Novecento fino ad oggi. Per restituire tridimensionalità ad un continente spesso schiacciato dalle sue raffigurazioni sommarie e stereotipate
COSTA D’AVORIO
UGANDA
MAURITIUS
REPUBBLICA CENTRAFRICANA
GHANA
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Ahmadou Kourouma
Approfondimenti:
Chi è Ahmadou Kourouma (The Guardian)
Intervista: Dalla voce di Ahmadou Kourouma (Edizioni e/o)
Approfondimento: L’ibridismo linguistico nei romanzi di Ahmadou Kourouma (Afroditetraduzioni)
Tra francese e malinke: Writing Africa in french (Mail&Guardian, Africa’s best read)
Aspettando il voto delle bestie selvagge / Ahmadou Kourouma, E/O, 2006
In questo romanzo, divenuto ormai un classico della letteratura africana e mondiale, Ahmadou Kourouma somministra al lettore la ricetta per il perfetto dittatore africano della decolonizzazione. Attraverso la storia di Koyaga, capo indiscusso della Repubblica del Golfo, ripercorriamo tappa per tappa un cursus honorum che dalla formazione militare presso l’esercito coloniale francese - in cui si apprendono le migliori strategie di repressione del dissenso e del malcontento popolare - passa poi al colpo di stato ed infine all’instaurazione di un regime dittatoriale inflessibile, sanguinario e corrotto. Epica ed ironia si mescolano in una brillante satira al potere volta ad illustrarne i meccanismi. Tra questi, un occhio di riguardo va al connubio imperfetto ma produttivo tra la moderna mentalità neocoloniale occidentale ed il tradizionale credo tribale.
Approfondimenti:
Recensione de Cronache africane (Unreliablehero)
Recensione e commento: Amin was his saviour. Until reality set in (The Guardian)
Intervista a Moses Isegawa: In love with the rancid (Mail&Guardian, Africa’s best read)
Cronache africane / Moses Isegawa, Frassinelli, 2000
Voce narrante di questo romanzo è Mugezi, un uomo scaltro e brillante nato nei primissimi anni Sessanta in un villaggio ugandese. La sua storia si intreccia alla Storia, con la S maiuscola: la Storia di un Paese travagliato che, lungo tutta la seconda metà del XX secolo, verrà stravolto da continui capovolgimenti sociopolitici di grande portata. Già paragonato a più riprese a Salman Rushdie e a Gabriel Garcia Marquez, Isegawa riesce agilmente nell’intento di ricreare una sorta di saga familiare ugandese, a partire da un’infanzia spensierata e selvaggia, per poi passare ad un’adolescenza turbolenta marcata da una rigidissima disciplina e per infine concludersi nella moderna Amsterdam, dove un nuovo ciclo prende inizio. Facendo mostra di straordinarie doti narrative, Isegawa tratteggia quadri memorabili di vita africana e schizza i personaggi con vivida immediatezza, stemperando nell'ironia anche i momenti più difficili di un mondo costantemente in bilico fra tradizione e modernità, campione della complessa e raffinatissima arte di sopravvivere.
Approfondimenti:
Chi è Nathacha Appanah Mouriquand? (Île en Île, articolo in francese)
Recensione de L’ultimo fratello (Sololibri.net)
L’ultimo fratello / Nathacha Appanah Mouriquand, Rizzoli, 2008
L’ultimo fratello è la storia di un’infanzia negata, di un’amicizia nata tra gli ultimi, fatta principalmente di sguardi complici, piccoli gesti e di quella spontaneità di cui solo i bambini sanno essere capaci. Siamo a Mauritius, nel 1941. Gli echi della seconda guerra mondiale raggiungono anche questo piccolo pezzo di paradiso naturale: proprio qui infatti si erge un campo di reclusione per i profughi ebrei che avrebbero dovuto essere ammessi in Palestina e che invece si ritrovano, per le capriole del destino, prigionieri degli inglesi. David è uno di questi: un bimbo biondo, dai grandi occhi blu, indebolito dalla malaria. Raj invece è un figlio dell’isola, ultimo nato di una famiglia poverissima, vessata dal lutto. Da un incontro fortuito in ospedale nasce una profondissima relazione d’amicizia, che vedrà i due ragazzini diventare sinceri alleati nel tentativo impossibile di far evadere il piccolo David dai muri punteggiati di bouganville del campo di prigionia.
Approfondimenti:
Recensione: Ecocidio e cronocidio nel pensiero di Emmanuel Dongala (Traking Extinction)
Intervista a Emmanuel Dongala (Youtube, Casa Africa, sub french)
L’uomo di vento / Emmanuel Dongala, Epoché, 2010
Suddiviso in due sezioni il cui spartiacque è l’infiltrazione coloniale francese, L’uomo di vento racconta la storia di Mankunku e, con la sua, quella di tutta l’Africa alle prese con il trauma storico della colonizzazione. Se in un primo momento il lettore si ritrova immerso nel tempo mitico del Continente Nero, caratterizzato da personaggi appartenenti all’ancora incontaminata cultura africana, nella seconda parte del romanzo, invece, l’assetto coloniale si viene a sovrapporre con prepotenza ad un ordine ancestrale già incrinato, ove vengono perpetrati costanti soprusi in nome della tradizione. In questo contesto marcato dalla violenza e dalla sopraffazione, l’azione del protagonista si trasforma in motore principale di un atto di rivolta contro il potere coloniale, inizio di un progressivo collasso di un sistema che condurrà all’agognata ma sofferta indipendenza.
Altri titoli dello stesso autore
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Approfondimenti:
Recensione: Una storia di giustizia e libertà (Afrologist)
Intervista ad Ayesha H. Attah: Coltivare sogni in un mondo patriarcale (Il manifesto)
Ayesha H. Attah si racconta: I write to find out who I am (Guernica)
I cento pozzi di Salaga / Ayesha Harruna Attah, Marcos y Marcos, 2019
In questo romanzo, Ayesha H. Attah rievoca con attenzione e realismo un Ghana precoloniale misterioso e avvincente, ricreando l’atmosfera frizzante della bellissima città di Salaga. Un tempo fiorente polo commerciale, la città “dai cento pozzi” doveva la sua fama al mercato degli schiavi, che trovava qui uno dei suoi principali epicentri. Su questo sfondo vengono ad intrecciarsi le vicende di due donne apparentemente molto diverse: Aminah è la figlia di un commerciante di scarpe, dolce, sensibile e creativa, catturata e ridotta in schiavitù. Wurche, invece, è una principessa di sangue reale, fiera, combattiva e ribelle. Nonostante le differenze, però, lottano entrambe per un fine comune: la conquista della libertà. Sulle loro tracce il lettore affonda in una profonda riflessione su una pluralità di temi varia e mai scontata, dal ruolo delle donne in una società tribale, conservatrice e patriarcale al contributo, tutto africano, alla tratta degli schiavi.
Approfondimenti:
Recensione di Fratelli d’anima (Mangialibri)
Intervista a David Diop: Quei tiratori senegalesi nelle trincee della grande guerra (La lettura – Corriere della Sera)
Fratelli d’anima / David Diop, Neri Pozza, 2019
Vincitore del Premio Strega 2019, Fratelli d’anima racconta la vicenda di Alfa Ndiaye e Mademba Diop, amici di sempre, originari del Senegal ed entrambi arruolati nell’esercito francese durante la prima guerra mondiale. I due fanno infatti parte di un drappello di fucilieri senegalesi che, agli ordini del capitano Armand, si lanciano senza remore sui nemici, urlando come indemoniati e mulinando in aria fucili e machete. Un vero incubo per gli avversari dagli occhi azzurri che hanno paura dei «negri selvaggi, dei cannibali, degli zulú». In uno di questi attacchi, Mademba Diop viene ferito mortalmente: in seguito al suo trapasso, Alfa attraversa una fase di cambiamento radicale, trasformandosi in una vera e propria macchina da guerra, spietata, assetata di sangue e di violenza. A poco a poco, l’ammirazione dei compagni si trasforma in timore, rifiuto ed emarginazione. Da eroe a temuto incubo. Il protagonista, che viene così ad incarnare il naufragio della civiltà rappresentato dalla Grande Guerra, viene spedito nelle retrovie, osservato, studiato e giudicato per le sue azioni, proprio da chi, poco prima, si aspettava da lui un comportamento selvaggio… ma non troppo.
Approfondimenti:
Recensione: Un noir postmoderno tra i Dogon del Mali (Afrologist)
L'impronta della volpe / Moussa Konate, Del Vecchio , 2018
Moussa Konaté è un nome di riferimento nel panorama della letteratura maliana ed è indissolubilmente legato al genere noir. Nei suoi romanzi, l’enigma del delitto si mescola agli arcani di una cultura intrisa di miti, leggende e credenze che segnano e definiscono il quotidiano più di quanto non lo faccia la vita stessa. Ne L’impronta della volpe, il commissario Habib e l’ispettore Sosso si ritrovano alle prese con uncaso molto singolare: in un villaggio di fango a sud del fiume Niger, tre ragazzi perdono la vita incircostanze misteriose, tutti e tre nel giro di poche ore. In un primo tempo, sembra trattarsi di una mera questione d’onore, ma nulla è come appare. Il clima generalizzato di omertà, inoltre, non aiuta: tutti hanno visto ma nessuno sembra sapere niente. L’indagine si trasforma così in un’immersione nel cuore pulsante della cultura e della tradizione del popolo Dogon, residente nella regione, in un’inarrestabile e vertiginosa altalena fra credenza, scienza, razionalità e tradizione.
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Approfondimenti:
Recensione: Il romanzo della storia dimenticata (Afrologist)
Video: Patrice Nganang. La stagione delle prugne (Rai scuola)
Intervista a Patrice Nganang (Mangialibri)
La stagione delle prugne / Patrice Nganang, 66thand2nd , 2018
La stagione delle prugne è un romanzo folgorante che racconta con brio, stile ed eleganza i terribili anni della seconda guerra mondiale, attraverso lo sguardo di un gruppo di fucilieri camerunensi. Con la speranza di guadagnare un po’ di credito agli occhi di Churchill, il generale De Gaulle invia ilcomandante Leclerc a combattere contro gli italiani in Libia. Tra i soldati sotto il suo comando figura un manipolo di letterati, un gruppo di amici che gravita attorno alla figura di Pouka. Questi è un giovane scrivano-interprete che, poco prima dello scoppio del conflitto, era rientrato al suo paese natale, Edéa, con l’intento di fondare un cenacolo poetico sulle orme dei poeti maledetti francesi, suoi intramontabili modelli.Nonostante la gravità del soggetto narrato, ironia e leggerezza non abbandonano quasi mai il lettore: La stagione delle prugne si offre così quale grande romanzo corale che canta le imprese di quegli eroi africani che si sono ritrovati coinvolti in una guerra che non gli è mai appartenuta ma per la quale hanno finito per sacrificare se stessi.
Approfondimenti:
Chi è Germano Almeida (Wikipedia)
L'isola fantastica / Germano Almeida, Cavallo di Ferro, 2006
Le prime pagine di questo libro affascinante si aprono immediatamente con la dipartita di un uomo, che si fa pretesto per il racconto di tante altre storie che si intrecciano e si accavallano l’una sull’altra, ritraendo a tratti rapidi ma infallibili il popolo capoverdiano, la sua cultura e la sua storia. La patria della morna, segnata da un movimento perpetuo di partenze e di ritorni, diventa protagonista simbolica di questo romanzo in cui la morte domina sovrana. Quest’ultima costituisce un tema peculiare, intriso di una sensibilità tutta capoverdiana, che diventa spunto per dispiegare sotto lo sguardo attento del lettore un universo altro, costellato di miti in cui vivi e defunti, dei e demoni convivono, accompagnando quotidianamente la vita terrena dell’uomo. Un tributo personale dello scrittore alla propria terra natia ed un coraggioso avvicinamento al mondo africano, così geograficamente vicino eppure sensibilmente lontano e complesso, a tratti inconoscibile.
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Approfondimenti:
Chi è Nagib Mahfuz (Arablit)
Recensione: Vicolo del Mortaio. La narrazione, l’umanità e le storie di Nagib Mahfuz (Editoriaraba)
Intervista: Salwa Al Neimi: intervista a Nagib Mahfuz (Feltrinelli)
Ricordo di Nagib Mahfuz: Patience, routine and humility (The Guardian)
Il vicolo del mortaio / Nagib Mahfuz, Feltrinelli, 1990
Premio Nobel per la Letteratura nel 1988, Nagib Mahfuz riempe le pagine di questo breve romanzo con la storia di un frammento del Cairo durante i lunghi e difficili anni della seconda guerra mondiale. Più nello specifico, lo sguardo dell’autore si rivolge alla stagnante quotidianità di un vicolo dimenticato da Dio e dagli uomini ove povertà e miseria dominano incontrastate. Una galleria di personaggi che stordisce per tragicità e bellezza; vite tratteggiate che combattono contro l’immobilità di un luogo senza tempo con le armi del sogno e dell’illusione; un linguaggio poetico, lieve e a tratti malinconico: questi gli ingredienti per una storia che si infila sommessamente sottopelle, indimenticabile, in cui la visione e la comprensione del dolore sfuma in una sorta di ammirazione per un’umanità che vive, soffre, ama e odia.
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Approfondimenti:
Chi è Nuruddin Farah: A life in writing (The Guardian)
Intervista a Nuruddin Farah (El-Ghibli)
Tensioni in Somalia, una testimonianza: Storia personale della guerra in Somalia (L’internazionale)
Latte agrodolce / Nuruddin Farah, Edizioni Lavoro, 1993
Primo volume della trilogia Variazioni sul tema di una dittatura africana, Latte agrodolce (1979) è un romanzo ambientato nella Somalia degli anni Settanta, alle prese con il regime dittatoriale di stampo marxista-leninista di Siad Barre. Loyaan è un medico dentista intento ad indagare sulla morte misteriosa del fratello gemello Soyaan, membro dell’intellighenzia somala e apparentemente legato al Generale - ma in realtà membro attivo di un gruppo di opposizione - morto in circostanze misteriose per un presunto avvelenamento. Un giallo insoluto che si sviluppa nell’arco dei sette giorni previsti per il compianto rituale, alla fine dei quali rimane soltanto un’aura di sospensione e mistero. Lo spunto offerto da un enigma senza soluzione permette al romanzo di farsi politico, costituendo da un lato un atto d’accusa contro la dittatura somala e dall’altro uno sguardo critico ed irriverente sull’ambizioso progetto sociale di “decolonizzazione”.
Approfondimenti:
Recensione: Gaël Faye. Piccolo paese (Il giro del mondo attraverso i libri)
Recensione: Small country by Gaël Faye – review (The Guardian)
Intervista a Gaël Faye: “Io, rapper, vi svelo l’anima della mia Africa” (La Repubblica)
Intervista: Ritorno all’infanzia, scavalcando barriere (Il manifesto)
Video: Petit Pays (Youtube)
Piccolo paese / Gahl Faye, Bompiani, 2017
Burundi, 1992. Gabriel vive insieme al padre francese, alla madre ruandese e ad una sorella più piccola di nome Ana. La sua è quella che si potrebbe definire un’infanzia felice e spensierata, animata da allegre scorribande e avventure in compagnia degli amici di sempre - Gino, Armand e i gemelli - cresciuti insieme a lui in uno dei vicoli di Bujumbura. Ad un tratto, però, la Storia irrompe con violenza nella tranquilla quotidianità del giovane protagonista, anticipata dall’inaspettata e dolorosa separazione dei genitori. Il lento profilarsi della guerra civile sfocia infine nel tragico genocidio ruandese, che vede contrapporsi in un conflitto fratricida gli hutu e i tutsi. La vita del piccolo Gaby subisce così uno sconvolgimento radicale, affiancato dalla scoperta di un’identità meticcia, metà francese e metà tutsi, contesa tra un padre che spinge per l’espatrio e la salvaguardia del nucleo famigliare e una madre che, seppur colpita da lutti dolorosi ed indelebili, è fermamente decisa a rimanere nel suo paese di appartenenza. L’infanzia tramonta in un lampo, seguita da un lungo esilio, da cui il piccolo protagonista ritornerà solo molto tempo dopo, ormai adulto, alla ricerca delle sue origini - o di ciò che ne rimane.
Approfondimenti:
Recensione: La verità non si poteva tenere distante per molto (Il mestiere di leggere)
Spunto autobiografico: Hisham Matar: ‘I don’t remember a time when words were not dangerous’ (The Guardian)
Nessuno al mondo / Hisham Matar, Einaudi, 2008
Romanzo d’esordio di Hisham Matar, premio Pulitzer per la biografia e l’autobiografia del 2017, Nessuno al mondo racconta la tragica storia del piccolo Suleiman sullo sfondo della Libia della fine degli anni Settanta. Gheddafi ha preso da poco il potere, instaurando un regime feroce che soffoca nel sangue ogni tentativo di ribellione. L’infanzia di Suleiman è caratterizzata tanto da una presenza materna affettuosa e, a tratti, soffocante e claustrofobica, quanto dall’assenza intimamente sofferta del padre, un dissidente politico sempre coinvolto in lunghi e misteriosi viaggi di lavoro. La politica irrompe con violenza nei rapporti familiari di Suleiman, conducendolo a confrontarsi con un mondo fatto di perquisizioni, arresti e delazioni, che culminano con la cattura del padre, l’esperienza del carcere e della tortura, il rilascio e l’esilio.
Approfondimenti:
Chi è Ngugi Wa Thiong’o (Mangialibri)
Recensione: Il Kenya tra diavoli e ironia (Il Manifesto)
Riflessione: Decolonizzare la mente. La lezione di Ngugi Wa Thiong’o (Vadoinafrica)
L’esperienza dell’esilio: Despite decades of exile, I still feel the pull of my homeland (The Guardian)
L’esperienza del carcere: Ngugi Wa Thiong’o: ‘Resistance is the best way of keeping alive’ (The Guardian)
Il mago dei corvi / Ngugi Wa Thiong'o, La nave di Teseo, 2019
Il Presidente dell’Aburiria – immaginario paese africano vessato dalla dittatura e dalla povertà – soffre di una singolare malattia: da un giorno all’altro il suo corpo prende a gonfiarsi a dismisura, privandolo della parola e obbligandolo a fluttuare senza peso nella sala del trono. Mentre i suoi perfidi ministri concorrono tra loro nella ricerca del Mago dei Corvi, rinomato tra la povera gente per le sue straordinarie doti magiche, nel Paese si moltiplicano le azioni provocatorie del Movimento per la Voce del Popolo, un’organizzazione clandestina guidata dalla bellissima Nyawira. Le traiettorie dei due protagonisti vengono inevitabilmente a convergere, dando vita a novecento pagine che scorrono con agilità attraverso continui ed avvincenti colpi di scena, accompagnati da un’attenta ed ironica disamina del potere, delle sue strutture e delle sue derive autoritarie.
Approfondimenti:
Chi è Bessie Head (L’enciclopedia delle donne)
Riflessione: Head’s journalism eclipsed (Mail and guardian)
La donna dei tesori. Racconti da un villaggio del Botswana / Bessie Head, Edizioni Lavoro, 2003
Un villaggio del Botswana funge da sfondo a questa raccolta di racconti brevi attraverso i quali Bessie Head intesse un arazzo di umanità coraggiosa e sensibile, quasi tutta al femminile. Ritratti di donne a tutto tondo che spiccano per vitalità e bellezza, animando un quotidiano in cui tradizione e modernità alternativamente cozzano e si alleano. Nella frammentazione del racconto, l’autrice restituisce al lettore l’istantanea di un mondo vittima della colonizzazione e del disgregamento di valori che ne è conseguito.
Approfondimenti:
Recensione: “Gli odori di Marie Claire” e la straordinaria banalità dell’amore (Editoriaraba
Scrivere è un atto rivoluzionario: La “liberazione della parola” nella letteratura tunisina (Confronti)
Panoramica su di una letteratura nascosta: Voci da Tunisi (Rivista: Tradurre)
Gli odori di Marie Claire / Habib Selmi, Mesogea, 2013
Spesso, nell’approcciarsi al caleidoscopico universo delle letterature postcoloniali, si tende ad accompagnare ogni lettura ad un’istanza di conoscenza di luoghi e tempi cosiddetti “altri”, rischiando di scivolare in una prospettiva esotizzante. Per stornare qualsivoglia aspettativa di tal sorta, si è scelto di proporre Gli odori di Marie Claire di Habib Selmi, autore tunisino, classe 1951. Si sarebbe potuto offrire uno sguardo endogeno sulla Primavera araba, un memoriale di lotte e rivoluzioni oppure ancora una storia capace di schiudere uno spiraglio su qualche aspetto “inedito” della cultura tunisina. Ecco invece… una storia d’amore. Semplice, banale e già sfiorita fin dalle prima pagine. Protagonisti del romanzo sono due: l’amore e il racconto stesso dell’amore, condotto attraverso un labirinto di immagini, sensazioni, profumi e dettagli. Eppure, anche il racconto del più comune e potente dei sentimenti, se viene a coinvolgere un tunisino emigrato in Francia, portiere d’albergo e docente universitario a contratto, e una giovane francese impiegata delle poste, può rivelarsi un'interessante opportunità di scoperta.
Approfondimenti:
Galleria: Chinua Achebe, Nigerian novelist and poet – in pictures (The Guardian)
Chi è Chinua Achebe: Anche il leone deve avere chi racconta la sua storia. Non solo il cacciatore (Diritti Globali)
Chinua Achebe vs Conrad, una riflessione: Un’immagine dell’Africa (Afrologist)
Le lingue delle letterature africane, una riflessione: Things fall apart: Chinua Achebe and the languages of African Literature (The Conversation)
Le cose crollano / Chinua Achebe, La nave di Teseo, 2016
Primo volume di una trilogia composta anche da Ormai a disagio (1960) e La freccia di Dio (1964), Il crollo (1958) è forse il romanzo africano più famoso in assoluto. Vi si racconta la vicenda di Okonkwo, giovane guerriero del villaggio immaginario di Umofia, sulle sponde del Niger. Sono i primi anni del XX secolo, poco prima dell’arrivo degli inglesi nella regione. Deciso a smarcarsi da un’eredità paterna intrisa di passività e lassismo, il ragazzo si conquista ben presto una posizione di prestigio all’interno della comunità di appartenenza, grazie alle sue grandi abilità di lottatore. La parabola ascendente del protagonista culmina però nell’uccisione accidentale del figlio di un membro del clan nel corso di una cerimonia religiosa. Scontati i sette anni di esilio che, secondo tradizione, sono necessari al ripristino dell’equilibrio originario, Okonkwuo ritrova una Umofia in balia dei missionari prima e dei coloni inglesi poi. Lo scontro di civiltà assumerà proporzioni talmente importanti da condurre il famoso guerriero sull’orlo di una crisi di identità, avviandolo al suo eroico ma tragico destino
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Approfondimenti:
Recensione: “La signora della porta accanto” di Y. Omotoso: una trama intrecciata di solidarietà, di complicità, di amicizia (Oubliette Magazine)
Intervista a Yewande Omotoso (La Bottega del Barbiere)
La signora della porta accanto / Yewande Omotoso, 66th and 2nd, 2018
Un incidente di cantiere obbliga due anziane signore, decennali vicine di casa ed acerrime nemiche, ad una forzata ma reciprocamente vantaggiosa convivenza presso il civico 10 di Katterijn Avenue. Ci troviamo a Città del Capo, in Sudafrica, in un sobborgo residenziale. Le due donne non potrebbero essere più agli antipodi: Marion è bianca, snob e altezzosa, Hortensia invece è nera, scorbutica e scontrosa. L’Avvoltoio e la Terribile. Tra battibecchi quotidiani, porte sbattute e frecciatine velenose, a poco a poco si instaura tra le due un rapporto senza dubbio singolare. Lentamente, infatti, le ostilità si stemperano nel riconoscimento di una storia comune: due donne forti e coraggiose, con alle spalle due matrimoni falliti e due brillanti carriere nel mondo dell’architettura e del design negli anni difficili della segregazione razziale. Con sguardo lieve ed ironico, Yewande Omotoso dà vita ad un racconto sull'emancipazione femminile, sull'impatto del colonialismo nella società sudafricana e, soprattutto, su una materia spesso elusiva: l'amicizia.
Approfondimenti:
Intervista a Tahar Ben Jelloun (Mangialibri)
Recensione de La punizione (Scritti d’Africa)
Intervista a Tahar Ben Jelloun autore de Il razzismo spiegato a mia figlia (Youtube)
La punizione / Tahar Ben Jelloun, La nave di Teseo, 2018
Una mattina di metà luglio del 1966, una jeep militare con a bordo un paio di soldati si ferma davanti casa di Tahar, latrice di un obbligo di comparizione presso il campo di El Hajeb. Questa è la “punizione” per aver preso parte, il 23 marzo del 1965, ad una pacifica manifestazione studentesca di protesta contro il regime assolutistico del re del Marocco Hassan II. Seguiranno lunghi mesi di angherie, violenze ed addestramenti insensati e perversi, al limite della follia, sotto lo sguardo spietato e crudele di carcerieri che sembrano aver dimenticato il significato più elementare della parola “umanità”. Scritto, non senza difficoltà, a circa cinquant’anni di distanza dal corso degli eventi, questo breve memoriale autobiografico che sorprende per delicatezza e intensità di stile si fa portavoce di un’istanza di denuncia di ogni forma di dittatura e assolutismo, affiancando una profonda riflessione sul significato dei concetti di libertà, espressione e diritto.
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Approfondimenti:
Recensione: L’imperatore è caduto. La storia tra rivoluzione e terrore (The Afrologist)
Un articolo di Maaza Mengiste e Rodrigo Rey Rosa: Fiction Tells a Truth That History Cannot (Guernica)
Intervista a Maaza Mengiste (Leggere a lume di candela)
Lo sguardo del leone / Maaza Mengiste, Neri Pozza, 2010
Etiopia, metà degli anni Settanta, una Addis Abeba inquieta e palpitante assiste agli ultimi giorni dell’impero di Hailè Selassiè. Si prepara il colpo di stato militare che nel giro di pochissimo tempo condurrà all’instaurazione di un regime sanguinario e violento, tristemente noto come Terrore rosso. Su di uno scenario di arresti, torture ed esecuzioni sommarie, si snoda la vicenda di Hailu, stimato medico del Prince Mekonnen Hospital, e dei suoi due figli, Yonas e Dawit, giovane studente braccato dalla polizia e nome leggendario della resistenza. In un momento storico in cui l’Etiopia torna a marcare la cronaca internazionale con l’insorgere di nuove tensioni e conflitti, il romanzo di Maaza Mengiste emerge come memento ed invito a non dimenticare.
Approfondimenti:
Recensione: Mayombe di Pepetela, storie di guerra e storie di angolani (Translature)
Intervista a Pepetela (Scritti d’Africa)
Mayombe / Pepetela, Edizioni Lavoro, 1989
All’inizio degli anni Settanta, Pepetela - alias Artur Carlos Maurício Pestana - prende parte alla guerra di liberazione del suo Paese, l’Angola. Già nel 1971 il romanzo è completo ma per ragioni politiche vedrà la pubblicazione solo nel 1980, ad indipendenza avvenuta. Al suo interno sono racchiuse le vicende di un gruppo di guerriglieri del Movimento Popolare di Liberazione dell’Angola che, dalla densa oscurità della foresta tropicale di Mayombe, organizzano attacchi precisi e mirati alle truppe portoghesi sotto la guida del carismatico Comandante Sem Medo (Senza Paura). Accanto alla narrazione eroica delle azioni di guerriglia, però, Pepetela ci racconta anche i conflitti intestini al Movimento, contrariando così i dettami della narrativa ufficiale unitaria della neonazione. Scavando con acume e maestria nell’interiorità dei personaggi, ne porta in superficie il tribalismo latente e il corrispettivo bagaglio di dubbi, incertezze e contraddizioni, creando il ritratto di un’umanità complessa ma accomunata dalla lotta per un futuro libero ed indipendente.
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Approfondimenti:
La scrittura di Assia Djebar (Doppiozero)
Assia Djebar (L’enciclopedia dele donne)
La donna senza sepoltura / Assia Djebar, Il saggiatore, 2002
Cherchell, Algeria. Zoulikha è conosciuta da tutti come l’“anarchica”: libera, anticonformista e combattiva, alla morte del terzo marito decide di unirsi spontaneamente alla resistenza algerina contro il dominio coloniale. A sua volta catturata e probabilmente uccisa dai francesi, Zoulikha assurge ad eroina della lotta di liberazione, senza che nessuno ne conosca tuttavia il luogo di sepoltura. Il vuoto simbolico di un cadavere non rinvenuto lascia così spazio al dialogo sull’eredità umana e sociale della donna. Rintracciate ed intervistate da una giornalista televisiva, le figlie di Zoulikha raccontano infatti come la scomparsa della madre abbia contribuito alla creazione della loro identità personale e della coscienza nazionale di un popolo, dando così corpo al mito unificante della donna che resiste.
Altri titoli dello stesso autore
Approfondimenti:
Un ritmo africano nella letteratura europea (Internazionale)
Le mille Afriche di Alain Mabanckou. “Peperoncino” (Il prisma di Newton)
Che altro puoi fare se nasci a Babele? (L’Espresso)
Peperoncino /Alain Mabanckou, 66th and 2nd, 2016
Pointe Noire, Congo, primi anni Settanta. Il Paese attraversa una fase di transizione che lo sta lentamente trasformando in un avamposto africano dell’Unione Sovietica. In un orfanotrofio di Loango, Mosé e il suo amico Bonaventure assistono a questo progressivo cambiamento tra le botte e gli improbabili proclami di un direttore dalle idee politiche ben confuse. Curioso del mondo, Mosé scappa e si unisce ad una banda di ragazzi di strada che vivono di piccola criminalità, guadagnandosi il soprannome di Peperoncino. È l’inizio di una vita di vagabondaggio e avventure, attraverso una galleria variopinta di volti e di storie che, dai bassifondi di Pointe Noire, vengono a raccontare con umanità e leggerezza le vicende di un Paese alle prese con un’ingombrante eredità coloniale ed una classe politica ambigua, segnata da corruzione e nepotismo.
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Approfondimenti:
Film di Teresa Prata (Youtube, sub eng)
Recensione (Lankenauta)
Terra sonnambula / Mia Couto, Guanda, 1999
Tuahir e Muidinga sono rispettivamente un vecchio e un bambino, profughi di una guerra civile che da anni affligge un Mozambico da poco indipendente. Nel corso della loro fuga per la sopravvivenza incappano nei quaderni del giovane Kindzu, il cui cadavere giace riverso nella sabbia, poco distante dalla carcassa di un machimbombo carbonizzato. Tre storie di vagabondaggi e peregrinazioni che si intrecciano in un’atmosfera onirica intrisa di realismo magico, dove figure mitiche ed eroiche caratteristiche dell’immaginario mozambicano si affiancano ad un’umanità straziata e struggente. In un turbinio narrativo in cui si finisce per perdere ogni punto di riferimento stabile, Mia Couto ritrae magistralmente il dramma di una giovane nazione alla ricerca della propria identità, riuscendo nell’intento di portare una ventata di poesia ed ottimismo anche nella più profonda ed inestricabile delle oscurità.