Poetessa e saggista, è tra le voci più acclamate della letteratura canadese contemporanea. Si è distinta come traduttrice dal greco antico e classicista, soffermandosi con particolare interesse sulla poesia di Saffo e sulla tragedia di Eschilo, Sofocle ed Euripide.
Le sue opere fondono assieme, con alterna preponderanza, versi, estratti di prosa, studi, dialoghi teatrali e traduzioni di classici antichi e contemporanei. Ha insegnato in molti atenei americani, tra cui le Università di Princeton e Berkeley.
Tra i numerosi riconoscimenti internazionali che le sono stati conferiti, due premi Griffin per la poesia, nel 2001 e nel 2014, e il premio Principessa delle Asturie, nel 2020. È, dal 2018, tra gli autori più accreditati per il premio Nobel per la letteratura.
E non è un caso se Anne Carson abbia dedicato proprio a Monica Vitti una serie di poemetti pubblicati in origine sulla “London Review of Books” e poi confluiti nella raccolta Decreation (2005). In quei versi è racchiuso tutto l'impegno dell’attrice: una sintesi poetica perfetta di quella che è stata una carriera tutta tesa a disinnescare l’idea della donna sul grande schermo come modello idealizzato che esiste solo per tranquillizzare la fantasia maschile.
L’attrice romana è stata così resa immortale nella poesia di Anne Carson, Io voglio ogni cosa. La poetessa in Kant’s Question about Monica Vitti e Ode to the Sublime by Monica Vitti ha trasformato la musa di Antonioni in qualcosa simile alle idee platoniche:
It was hidden in her and it gave Kant pleasure.
L’Eclisse begins with a wind blowing Monica Vitti’s hair. She is inside a room.
Kant’s was a partly negative pleasure.
Where is that wind from?
Kant took pleasure in what he called Thing In Itself.
She is prowling the room with her eyes down, observed deeply by a man in an armchair.
Thing In Itself was unattainable, insurmountable.
She keeps trying to leave the room.
Nor could Thing In Itself be represented.
Curtains are drawn, the room is full of objects, lamps are burning here and there, who knows what hour of the night it may be? Her hair blows slowly.
Yet through the very failure of its representation, Thing In Itself might be inscribed within phenomena.
She lifts a piece of paper, puts it down.
Kant noted a rustling aside of sensible barriers.
Her unquiet drifts in her, spills, drifts on.
A rotating fan is shown sitting on the table beside the man in the armchair.
Kant felt weak as a wave.
Now she can leave. The surface of the movie relaxes.
Kant let his soul expand.
She walks out into the filthy daylight.
Kant pulled his hat down firmly.
She is a little ashamed but glad to be walking.
Glad to be facing this more difficult dawn.
(versione in italiano)
I want everything.
Everything is a naked thought that strikes.
A foghorn sounding through fog makes the fog seem to be everything.
Quail eggs eaten from the hand in fog make everything aphrodisiac.
My husband shrugs when I say so, my husband shrugs at everything.
The lakes where his factory has poisoned everything are as beautiful as Brueghel.
I keep my shop, in order that I may sell everything there, empty but I leave the light on.
Everything might spill.
Do you know that in the deepest part of the sea everything goes transparent? asks my
husband’s friend Corrado and I say Do you know how afraid I am?
Everything requires attention, I never relax my neck even when kissing Corrado.
Kant says ‘everything’ exists only in our mind, attended by a motion of pleasure and
pain that throws itself back and forth in me when I lay on Corrado’s bed fighting with
everything with Corrado watching from across the room then he came to the bed and
mounted me and this made no difference except now I had to fight everything through
Corrado, which I did ‘undaunted’ (so Kant) on his freezing bed in its midnight glare.
What will you take? I ask Corrado who is leaving for Patagonia and when he says 2 or 3
valises I say If I had to go away I would take with me everything I see.
To this Corrado says nothing which is not I think the opposite of everything.
Doesn’t seem right is what my husband would say, he says this about everything –
especially since I came out of the clinic, a clinic for people who want everything,
everything I see everything I taste everything I touch everyday even the ashtrays and at
the clinic I had only one question What shall I do with my eyes?
(versione in italiano)
In una sua nota la Carson spiegò così, nel 2002, la sua Ode: Nella poesia, Monica Vitti ci offre un resoconto del film Deserto rosso, in cui recita come una incarnazione del ‘sublime’. Mi pare chiaro che per preparare il suo ruolo la Vitti abbia letto Edmund Burke, che descrive il sublime come ‘composto dalla coincidenza di dolore, piacere, grazia, deformità, ciascuno legato all’altro, a tal punto che la mente è incapace a definire se esso sia dolore o piacere o terrore’. Probabilmente, la Vitti ha esaminato anche la discussione di Kant intorno alla ‘cosa in sé’, che esiste soltanto nelle nostre menti, e che vibra tra lussuria e frustrazione, ‘mentre l’immaginazione si protende verso di essa e torna indietro’.
Nostalgica o spensierata, algida o verace, comica o tormentata. Monica Vitti è stata tutte queste cose. Monica Vitti è stata così tante cose (e così tante donne) che ognuno in lei può scorgere una cosa diversa. Oltre trentacinque anni di cinema, teatro e tv, più di cinquanta film (uno solo da regista, Scandalo segreto, del 1990, che è anche l’ultimo in cui compare come attrice): la sua carriera è un prisma inesauribile, talmente sfaccettato che non può essere guardato mai in un colpo solo, ma solo osservato un po’ per volta, da un’angolazione precisa ma per forza di cose parziale. Leggi di più su harpersbazaar.com