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Margaret Eleanor Atwood è nata a Ottawa nel 1939. Autrice di romanzi (tradotti in più di 30 lingue) racconti, saggi, poesia e sceneggiatrice per tv e cinema è anche disegnatrice e recentemente ideatrice di graphic novels e autrice per bambini. È stata più volte proposta per il Nobel, ha ricevuto più di 50 premi letterari. La Atwood, seconda di tre figli, a causa delle ricerche del padre, entomologo, trascorse molta parte dell'infanzia nelle grandi foreste del Québec.
“Per sopravvivere nella natura bisogna conoscere i propri predatori e non sembrare delle prede. Questa è una lezione di vita che tutte le giovani donne dovrebbero apprendere il prima possibile, per essere preparate a reagire ai predatori, siano essi animali o umani”.
Brevi scene di lupi
Un lupo che sta male
non ammette niente.
La sua cena l’ha morso.
E’ stato un errore,
e ora è un disastro.
Non puoi andare lontano con un piede ferito:
tra i lupi, nienete dottori.
Un lupo è gentile fino a un certo punto.
Devi guardargli le orecchie.
In avanti, sono disposti ad ascoltare.
Indietro, li hai stancati.
Siedi nel buio. Sta’ tranquilla.
Non accendere quella sigaretta,
non strisciare sulla melma di mosca.
Non è un locale di speed dating.
Non è uno zoo.
Vuoi vedere il lupo
o avere i soldi indietro,
ma il lupo non vuole vedere te.
Gli incubi del lupo comprendono auto,
lunghi aghi, museruole di ferro,
strette gabbie con sbarre dure,
creature dal tuo stesso odore.
I sogni felici del lupo, invece,
sono di taighe infinite,
tane scavate sotto le pietre,
stupidi caribù zoppicanti,
le loro ossa tenere.
Sulle tracce della pioggia
Una nebbia di grasso sottile ingiallisce l’aria,
respiriamo budino caldo.
Le foglie in giardino crepitano
come antico taffetà. Il vecchio giardino.
Un tocco e si sgretolano.
Il prato è da dimenticare –
il vecchio prato –
anche se prosperano i denti di leone:
sopravvissuti ai nostri fragili ibridi.
Le loro radici si stringono all’argilla dura.
Da tutto il giorno esita la pioggia.
Si addensa, si trattiene.
Pigiamo sui nostri schermi touch,
valutando le probabilità
sulle mappe radar: scrosci verdi scorrono
da ovest a est,
svaniscono prima di colpire
il punto che siamo.
Un punto rosso allungato, come una voce da fumetto
senza parole,
come una lacrima a rovescio.
È lì che viviamo adesso,
dentro questo punto
color tostapane acceso;
dentro questa bolla rossa e secca.
Siamo in piedi sul non-prato,
con le braccia tese e la bocca aperta.
Sarà bruciare o annegare?
Anche se abbiamo dimenticato il mantra,
il canto, la danza,
invochiamo un oceano verticale,
azzurro puro, pura acqua.
Lascia che scenda.
L’apprendista stregone
Conoscete la vecchia favola:
una macchina fatta dal diavolo
che riproduce ogni tuo desiderio
grazie a una parola magica
e un qualche idiota desidera del sale,
e giù viene il sale, sempre di più,
ma si scorda di mettere un freno
all’incantesimo per fermarlo
così butta l’attrezzo in mare,
ed ecco perché nel mare c’è il sale.
L’apprendista stregone:
stessa storia: Va’ che ci vuole,
Fermati è dura.
All’inizio non ci pensi.
Poi Aspetta è troppo tardi.
Nel nostro caso lo stregone è morto,
chiunque sia stato a cominciare,
e abbiamo perso le istruzioni
e la macchina magica continua a produrre
vomitando montagne di roba
che noi gettiamo tutta in mare
come abbiamo sempre fatto
e questa volta non finirà bene
Il momento
Il momento in cui, dopo molti anni
di duro lavoro e un lungo viaggio
ti trovi al centro della tua stanza,
casa, mezzo acro, miglio quadrato,
isola, paese,
sapendo finalmente come ci sei arrivato,
e puoi dire, possiedo questo.
È lo stesso momento in cui gli alberi
distendono
le loro braccia morbide intorno a te,
gli uccelli riprendono la loro lingua,
le scogliere si fendono e collassano,
l’aria si allontana da te come un’onda
e non riesci a respirare.
No, bisbigliano. Non possiedi nulla.
Eri un visitatore, di volta in volta,
mentre scalavi la collina, piantavi la
bandiera, proclamavi.
Non ti siamo mai appartenuti.
Non ci hai mai scoperti.
È sempre stato il contrario.
Sposando il boia
È stata condannata a morte per impiccagione. Un uomo può evitare la sentenza diventando il boia, una donna sposando il boia. Al momento non c’è nessun boia, perciò non c’è scampo. C’è solo la morte, rimandata a tempo indefinito. Questa non è un’invenzione, è storia.
Vivere in prigione è vivere senza specchi. Vivere senza specchi è vivere senza sé. Lei vive oltre sé stessa, trova un buco nel muro di pietra e dall’altra parte del muro una voce. La voce arriva attraverso il buio e non ha un volto. Questa voce diventa il suo specchio.
Per evitare la morte, quella morte in particolare, con il collo spezzato e la lingua rigonfia, lei deve sposare il boia. Ma non c’è un boia adesso, allora spetta a lei crearlo, deve convincere quest’uomo dall’altro estremo della voce, questa voce che non ha mai visto e che non l’ha mai vista, questo buio, deve convincerlo a rinunciare al proprio volto, a scambiarlo per la maschera impersonale della morte, della morte ufficiale che ha occhi ma non ha bocca, questa maschera da oscuro lebbroso. Deve trasformare le sue mani in modo che vogliano avvolgere la corda attorno alle gole designate, gole come quella di lei. Deve sposare il boia o nessun altro, ma non va poi così male. Chi altri c’è lì a sposarla?
Ti chiedi del suo crimine. È stata condannata a morte per aver rubato dei vestiti alla sua padrona, o meglio, alla moglie del suo padrone. Voleva farsi bella. Questo desiderio nelle serve non era legale.
Usa la sua voce come una mano, la sua voce lo raggiunge attraverso il muro, accarezza e tocca. Cosa poteva dire per convincerlo? Lui non era un condannato a morte, lo aspettava la libertà. Qual era la tentazione giusta, cosa poteva funzionare? Forse gli sarebbe piaciuto vivere con una donna che aveva salvato, che aveva guardato giù dentro la terra ma l’aveva comunque seguito su verso la vita. Era la sua unica possibilità per essere un eroe, almeno per una persona, perché, fosse diventato il boia, gli altri l’avrebbero odiato tutti. Era in prigione per aver ferito un altro uomo, al dito della mano destra, con una spada. Anche questa è storia.
Entrambe le mie amiche mi raccontano le loro storie, che sono da non credere e che sono vere. Sono storie dell’orrore e non sono accadute a me, non sono ancora accadute a me, sono accadute a me ma noi siamo distaccate, guardiamo il nostro scetticismo con orrore. Certe cose non possono accadere a noi, è pomeriggio e certe cose non accadono di pomeriggio. Il problema è stato, diceva lei, che non ho fatto in tempo a mettere gli occhiali e senza sono cieca come una talpa e neanche ho visto chi era. Queste cose accadono e noi sediamo a un tavolo e ne facciamo racconti a cui possiamo finalmente credere. Questa non è un’invenzione, questa è la storia, di boia ce n’è più di uno e qualcuno tra questi è senza lavoro.
Lui disse: la fine delle pareti, la fine delle corde, l’aprirsi delle porte, un campo, il vento, una casa, il sole, un tavolo, una mela.
Lei disse: capezzoli, braccia, labbra, vino, pancia, capelli, pane, cosce, occhi, occhi.
Entrambi mantennero la loro promessa.
Il boia non è poi così male. Quando ha finito apre il frigo e mangia gli avanzi, anche se non pulisce quello che gli cade per sbaglio. Vuole solo cose semplici: una sedia, qualcuno che gli tolga le scarpe, qualcuno che lo guardi mentre parla, con ammirazione e paura, gratitudine possibilmente, qualcuno in cui immergere sé stesso per riposare e rinnovarsi. Queste cose le si ottiene meglio se si sposa una donna condannata a morte da altri uomini perché ha desiderato essere bella. Ce n’è un’ampia scelta.
Tutti dissero che lui era un pazzo.
Tutti dissero che lei era furba.
Usarono la parola adescare.
Cosa si dissero la prima volta che furono da soli insieme nella stessa stanza? Cosa disse lui quando la vide senza il suo velo, vide che non era una voce ma un corpo e perciò un corpo finito? Cosa disse lei quando scoprì che aveva lasciato una stanza serrata per un’altra uguale? Parlarono d’amore, naturalmente, anche se questo non li tenne impegnati per sempre.
Il fatto è che non ci sono cose che posso raccontare alle amiche per farle sentire meglio. La storia non può essere cancellata, anche se possiamo consolarci speculandoci sopra. A quel tempo non c’erano boia femmine. Forse non ce ne sono mai state, e così nessun uomo si è potuto salvare sposandosi. Sebbene una donna potesse, per legge.
Lui disse: piede, stivale, ordine, città, pugno, strade, tempo, coltello.
Lei disse: acqua, notte, pioppo, corda di capelli, pancia di terra, grotta, carne, sudario, aperto, sangue.
Entrambi mantennero le loro promesse.
Nota: nel Québec del 1700 l’unico modo per un condannato a morte di evitare l’esecuzione era, per un uomo, diventare il boia, per una donna, sposarne uno. Françoise Laurent, condannata all’impiccagione per furto, persuase Jean Corolère, vicino di cella, a fare domanda per occupare il posto di carnefice professionista, e anche a sposarla.
Mary mezza impiccata
“Fui impiccata perché vivevo sola,
perché avevo gli occhi azzurri e la pelle bruciata dal sole,
vestiti cenciosi, pochi bottoni,
una fattoria incolta a mio nome,
e un rimedio infallibile per le verruche;
Ah sì, e il seno,
e una dolce pera nascosta nel mio corpo.
Quando si parla di diavolerie
questi tornano sempre utili.”
da “Mattina nella casa bruciata”
“Le idee su ciò che dovrebbe essere o fare una poesia (preghiera agli dèi, esaltazione del fascino dell’amato, celebrare l’eroismo in guerra, lodare i potenti, sovvertire il potere, meditare sulla natura e le sue creature, invocare il popolo a una ribellione, a una conversione, esultare per il Grande Balzo in Avanti, denunciare il patriarcato) variano, molto. Il pubblico varia a seconda della confraternita cui appartiene, della sacerdotessa che onora, della corte reale del momento, del gruppo di intellettuali, della società in cui si vive, dei compagni beatnik, della scuola di scrittura che frequenta: come accaduto a Emily Dickinson, un poeta potrebbe non avere lettori viventi, o pochissimi, e scarsi. Alcuni poeti possono essere esiliati, fucilati o censurati per aver detto verità selvagge, inaccettabili. In una dittatura, il bardo giace a disagio: le parole sbagliate nel momento sbagliato lo mettono indubbiamente nei guai. Così è per ogni poesia: la poesia è incorporata a un tempo, a un luogo. Un poeta non può rinunciare alle proprie radici. Ma con un po’ di fortuna, riesce anche a trascenderle. Ciò significa che i posteri potranno apprezzare quella poesia, anche se non nel modo esatto in cui era stata pensata. Gli inni alla grande e terribile dea mesopotamica Inanna sono affascinanti – almeno, per me – ma non polverizzano il midollo delle mie ossa come avrebbero potuto fare a un lettore dell’epoca in cui furono scritti: non credo che Inanna possa apparire in un certo momento e livellare le montagne. Ma potrei sbagliarmi… alcuni libri vengono banditi e bruciati, poi dissotterrati e riscoperti. Il cantante che oggi pare “eterno”, dopodomani potrebbe avviarsi al rogo dell’oblio. E allo stesso modo quel rogo potrebbe, successivamente, estinguersi, facendoci scoprire testi entusiasmanti. C’è una ragione per cui la Ruota della Fortuna è posta al centro dei Tarocchi: è, effettivamente, una ruota. E ciò che ruota, è destinato a ritornare. Almeno, a volte. Non esiste una Inevitabile Strada Diritta Verso la Fortuna. Annunciato il mio avvertimento, non mi resta che citare Il postino, il film di Michael Radford su Pablo Neruda:
“La poesia non appartiene a chi la scrive, appartiene a chi ne ha bisogno”. In effetti, dopo che la poesia è scaturita dalle mani del poeta, dopo che egli se ne è allontanato, nel tempo e nello spazio, fluttuando, sbriciolato, tra gli atomi, a chi può mai appartenere la poesia?
Dunque, per chi suona la campana? Per te, mio caro lettore. A chi è rivolta la poesia? Proprio a te”.
Brevi scene di lupi, curato da Renata Morresi, offre per la prima volta al pubblico italiano una selezione delle poesie composte dal 1966 al 2020. Disparate le tematiche, in particolare quelle legate alla devastazione verso l’ambiente e gli animali, come nella Elegia per le tartarughe giganti: “[…] io mi dedicherò a una meditazione / sulle tartarughe giganti / ormai in fin di vita su un’isola remota.” Non solo gli animali sono naturalmente protagonisti, ma anche gli uomini e le loro violenze causate dalla guerra: “In principio mi erano concessi secoli / di attese nelle caverne, tra le pelli / nelle tende, sapendo che non saresti mai tornato […] e in certe notti più propizie / salti dalla sedia / senza neanche toccare la cena / riesco a darti un bacio d’addio / prima che tu esca in strada e loro comincino a sparare.” (In principio mi erano concessi secoli) ” anche le vicende autobiografiche sono presenti in tante poesie con riferimenti al mito classico (Cassandra pensa se rifiutare il dono) sullo sfondo il Canada. Per Atwood “I poeti resistono / difficile liberarsi di loro, / e dio sa quanto c’abbiamo provato. / Li passiamo per strada, / se ne stanno coi cappelli a mendicare. / un’antica tradizione. […]”
“Sono cresciuta nei boschi e ho imparato ad ascoltare. Lì gli orsi li senti prima ancora di vederli. Nelle terre Artiche, invece, bisogna guardare, perché gli orsi polari non fanno rumore, nuotano sott’acqua, con solo il naso fuori. Per difendersi è necessario portare con sé due bastoni bianchi, così da sembrare un tricheco, l’unico essere di cui gli orsi polari hanno davvero paura”.
l Momento, la poesia che invita a rispettare la natura, a rinunciare all’idea di supremazia, dominazione, sottomissione. Noi siamo semplici visitatori in questo Pianeta. Non siamo i padroni di nulla. Siamo arrivati dopo e dobbiamo mostrare rispetto a chi è qui prima di noi. Questa parola, se ci venisse inculcata fin dalla nascita, permetterebbe a tutte le società di raggiungere la perfetta armonia. E’ anche una riflessione su come affrontiamo le relazioni con le persone vicine e con le culture diverse.
Moltissimo, Margaret Atwood, Ponte alle Grazie
Uscito nel 2020 (ed. italiana 2021) nella traduzione di Renata Morresi, 'Moltissimo (dearly)' "parola antica, che va sbiadendo", è una raccolta intima e personale, dedicata al marito Graeme Gibson. Dopo oltre un decennio si misura con i versi portando lo sguardo “su una vita vissuta che sa di di assenze e rinnovamento, di invecchiamento e ricordi, sogni, corpi e menti in transizione, oggetti e rituali che ci tengono attaccati al presente, fra lupi mannari, alieni, piccoli robot, zombie, sirene, la natura, i boschi, canti per le sorelle uccise e tanti uccelli”.
Mi manca chi è mancato, chi è partito troppo presto.
Mi mancano anche quelli che sono ancora qui.
Mi mancate tutti moltissimo.
Moltissimo rimpianto ho di voi
Brevi scene di lupi (solo su MLOL), curato da Renata Morresi, offre per la prima volta al pubblico italiano una selezione delle poesie composte dal 1966 al 2020. Disparate le tematiche, in particolare quelle legate alla devastazione verso l’ambiente e gli animali, come nella Elegia per le tartarughe giganti: “[…] io mi dedicherò a una meditazione / sulle tartarughe giganti / ormai in fin di vita su un’isola remota.” Non solo gli animali sono naturalmente protagonisti, ma anche gli uomini e le loro violenze causate dalla guerra: “In principio mi erano concessi secoli / di attese nelle caverne, tra le pelli / nelle tende, sapendo che non saresti mai tornato […] e in certe notti più propizie / salti dalla sedia / senza neanche toccare la cena / riesco a darti un bacio d’addio / prima che tu esca in strada e loro comincino a sparare.” (In principio mi erano concessi secoli) ” anche le vicende autobiografiche sono presenti in tante poesie con riferimenti al mito classico (Cassandra pensa se rifiutare il dono) sullo sfondo il Canada. Per Atwood “I poeti resistono / difficile liberarsi di loro, / e dio sa quanto c’abbiamo provato. / Li passiamo per strada, / se ne stanno coi cappelli a mendicare. / un’antica tradizione. […]”
Sono poesie "scritte a mano, riposte in un cassetto, battute, riviste" tra il 2008 e il 2019, racconta l'autrice come accadeva per i versi scritti in gioventù. La raccolta comprende anche un poesia dedicata a 'Frida Kahlo, San Miguel, mercoledì delle ceneri' che si apre così:
"Sei scomparsa tanto tempo fa/ ma qui in galleria tra i souvenir/ sei ovunque:/". 'Canti per sorelle uccise' ciclo di canzoni scritto per il baritono Joshua Hopkins in onore della sorella assassinata, è stato inciso su vinile con musica di Jake Hee.
“La sua indole è quella del poeta. Il suo immaginario proviene dalla poesia. La poesia della Atwood tuttavia, attende ancora di essere scoperta.L’ultimo lavoro poetico di Margaret Atwood, “Dearly”, affronta la perdita, l’amore, il tempo, la natura, gli spettri”.
Variations On The Word Love by Margaret Atwood read by A Poetry Channel
Margaret Atwood cura un suo sito: Margaret Atwood