Nato a Civitavecchia nel 1924, giornalista e fondatore del quotidiano nazionale La Repubblica, Scalfari inizia a scrivere sin da giovanissimo, mentre è ancora uno studente di giurisprudenza, collaborando con testate come Il Mondo e L’Europeo. Il grande salto avviene nel 1955, quando co-fonda il settimanale L’Espresso (vai alla rubrica Il mondo in un foglio), di cui diventa direttore nel 1963.
Uomo di grande cultura e di visione, politico, editorialista, filosofo, scrittore: Eugenio Scalfari non è stato solo un giornalista, ma un intellettuale a trecentosessanta gradi.
È stato insignito di importanti onorificenze, tra cui quella del “cavaliere di Gran Croce della Repubblica italiana” nel 1996 e quello di “Chevalier de la Légion d’honneur” nel 1999.
RaiPlay ne traccia un ritratto attraverso interviste, dibattiti e documentari.
Pur tenendo conto che ogni classificazione delle sue opere all'interno di un ambito disciplinare può risultare fuorviante o riduttivo, vi proponiamo una selezione tra le opere presenti nelle nostre biblioteche, che abbiamo individuato tenendo conto delle sue principali sfere di interesse.
“Sono convinto che la filosofia di Scalfari non sia riconducibile a nessuna scuola in particolare. Essa è stata prevalentemente nomade e si è nutrita anche di letteratura: dall'Odissea alla Recherche di Proust fino ai Quaderni di Malte Laurids Brigge. Le sue incursioni nel mondo antico nascevano dal bisogno di comprendere il canone occidentale. Ma fu in Proust e in Rilke che egli ritrovò il senso della propria inquietudine filosofica e letteraria.” (Antonio Gnoli, “la Repubblica”)
“La religione cristiana, soprattutto. Il dialogo con (d)Io. Anche a non voler dar più peso del necessario all'infatuazione-amicizia degli ultimi anni per Francesco. Com'è tipico di moltissimi intellettuali laici, meglio atei, dell'Europa novecentesca – basterebbe Roberto Calasso per tutt'altre vie – il raffronto filosofico con la religione, il sacro, diviene inevitabile. Anche fosse solo per il puntiglio di un enigma da risolvere.” (Maurizio Crippa, “Il Foglio”)
“Scalfari ha 'mimato' la bellezza classica della lingua di Croce; ha interiorizzato quella scintillante e paradossale di Diderot; poi acquisire il gioco aforistico e frantumato della lingua di Nietzsche. Il risultato è chiarezza di pensiero accompagnata dal dubbio e da una certa dose di provocazione intellettuale.” (Antonio Gnoli, “la Repubblica”)