Perché la lettura può essere uno strumento di educazione alla morte, al fine vita?
Perché ogni libro è un’esperienza individuale, che ci permette di entrare in mondi, vicende, pensieri che abitualmente ci sono esclusi, che non conosciamo. Quindi ogni libro ci cambia, ci dà modo di essere diversi. La lettura è una moltiplicatrice di vita, uno strumento di empatia che ci consente di esperire azioni, situazioni che non abbiamo vissuto, di confrontarci con vicende che non sono ancora accadute nella nostra vita, ma che inevitabilmente incontreremo: cura, malattia, morte tra queste. Le letture, le storie narrate, incontrano il nostro mondo interiore, le nostre convinzioni e le nostre categorie mentali, entrano nella nostra esistenza e ci permettono di avere un’anticipazione esperienziale, cognitiva di fatti non ancora vissuti. Di ciò che abbiamo letto abbiamo avuto una forma di esperienza, saremo quindi meno impreparati quando quegli eventi prefigurati tra le pagine saranno accadimenti concreti e diretti e le emozioni e i sentimenti che ne derivano saranno in atto e non in idea.
Il tema della morte è molto percorso dalla letteratura di ogni epoca, e viene declinato in una inesauribile varietà di modi e forme letterarie.
A seguire la prima selezione di testi proposti nell’incontro del 23 febbraio in biblioteca Civica, che esclude volutamente i classici e presenta il tema della morte con accenti diversi.
Mario Barenghi: In extremis. Il tema funebre nella narrativa italiana del Novecento
Clive Staples Lewis, Diario di un dolore
Simone de Beauvoir, Una morte dolcissima
Jacques Derrida, Ogni volta unica, la fine del mondo reperibile nelle biblioteche del Sistema Bibliotecario Padovano
Jon Fosse, Mattino e sera
Josè Saramago, Le intermittenze della morte
Valérie Perrin, Cambiare l’acqua ai fiori