Guido Gustavo Gozzano nasce a Torino il 19 dicembre 1883 e muore sempre a Torino il 9 agosto 1916. Cesare Pavese nasce a Santo Stefano Belbo il 9 settembre 1908 e muore a Torino il 27 agosto 1950. Venticinque anni di vita separano i due autori piemontesi, a cavallo di un secolo in cui tutto il mondo fu sconvolto.

Quest’anno si celebrano 115 anni dalla nascita dello scrittore di “Lavorare stanca, “La casa in collina” e “La luna e i falò” e infine cadranno 140 anni dalla nascita del padre del crepuscolarismo, Guido Gozzano.

In questi giorni tra la fine della primavera e l’inizio vero e proprio dell’estate abbiamo voluto ricordare entrambi scegliendo due poesie d’amore ambientate rispettivamente in queste due stagioni e che hanno in comune il fatto di essere dedicate a due figure di donne reali, due intellettuali: Amalia Guglielminetti (1881-1941) e Fernanda Pivano (1917-2009), scrittrice e poetessa la prima, traduttrice, scrittrice, giornalista e critica musicale la seconda.

Questo semplice omaggio a due giganti della nostra letteratura è anche e soprattutto un invito a rileggere le loro poesie, rimandando ogni altro importante e dovuto approfondimento critico, per chi volesse, alla bibliografia.

Il gioco del silenzio
Non so se veramente fu vissuto
quel giorno della prima primavera.
Ricordo – o sogno? – un prato di velluto,
ricordo – o sogno? – un cielo che s’annera,
e il tuo sgomento e i lampi e la bufera
livida sul paese Poi la cascina rustica sul colle

e la corsa e le grida e la massaia
e il rifugio notturno e l’ora folle
e te giuliva come una crestaia,
e l’aurora ed i canti in mezzo all’aia
e il ritorno in un velo di corolle…

– Parla! – Salivi per la bella strada
primaverile, tra pescheti rosa,
mandorli bianchi, molli di rugiada…
– Parla! – Tacevi, rigida pensosa
della cosa carpita, della cosa
che accade e non si sa mai come accada…

– Parla! – seguivo l’odorosa traccia
della tua gonna… Tutto rivedo
quel tuo sottile corpo di cinedo,
quella tua muta corrugata faccia
che par sogni l’inganno od il congedo
e che piacere a me par che le spiaccia…

E ancor mi negasti la tua voce
in treno. Supplicai, chino rimasi
su te, nel rombo ritmico e veloce…
Ti scossi, ti parlai con rudi frasi,
ti feci male, ti percossi quasi,
e ancora mi negasti la tua voce.

Giocosa amica, il Tempo vola, invola
ogni promessa. Dissipò coi baci
le tue parole tenere fugaci…
Non quel silenzio. Nel ricordo, sola
restò la bocca che non diè parola, sconosciuto…

Guido Gozzano - I colloqui (1911)

Estate

C’è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.
Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un’erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d’aria
e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.
Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.

Cesare Pavese (3-10 settembre 1940)
Lavorare stanca 1936 – 43