Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede.
Woody Allen, Citarsi addosso, 1975
La morte ha avuto un ruolo fondamentale in tutte le religioni e in tutte le correnti filosofiche. Epicuro sosteneva che uno dei compiti della filosofia fosse alleviare l'infelicità umana causata da quattro mali dell'uomo, tra cui la paura della morte.
- Morte - anche solo nominarla può dare fastidio, rappresenta la perdita totale, la fine di tutto. Irvin D. Yalom, psichiatra e psicoterapeuta americano di fama mondiale, sostiente però che anche se la fisicità della morte ci distrugge, l’idea della morte ci salva e il suo Dono della terapia è un interessante testo di psicoterapia individuale che tratta tra gli altri anche il tema della tanatofobia.
Anche romanzieri illustri hanno trattato il tema della paura della morte tra questi Julian Barnes che non ha mai fatto mistero della propria ossessiva tanatofobia e nel suo libro Niente paura riflette sulla mortalità riportando aneddoti e citazioni di illustri tanatofobi, oltre che raccontando la storia della sua famiglia.
Altri libri che affrontano il tema della morte:
![Saper accompagnare : aiutare gli altri e se stessi ad affrontare la morte / Frank Ostaseski Nella nostra società la morte è vista soprattutto come un fatto clinico. Ma essa è in realtà qualcosa di più: è un momento di enorme valore psicologico, emotivo, spirituale. Il nostro rapporto con la morte dipende dal nostro rapporto con il dolore, con noi stessi, con quanti ci amano e con quanti amiamo, con la nostra concezione della divinità o i nostri valori fondamentali, come l'altruismo. Di enorme importanza, per la qualità di vita dei nostri ultimi giorni, sono le persone che ci circondano. Purtroppo molto spesso i familiari, gli amici, persino il personale sanitario, sono impreparati di fronte alla sofferenza estrema e alla fine. Ben consapevole di ciò, Frank Ostaseski offre in questo libro un utile spunto di riflessione per tutti, laici e credenti, su come accompagnare i morenti nei loro ultimi istanti. Senza pretendere di impartire lezioni o ricette infallibili, ma aiutando a far emergere quella parte naturalmente gentile e capace di accogliere la sofferenza altrui che è parte integrante del nostro essere umani. saper_accompagnare.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/saper_accompagnare.jpg)
![Cinque inviti : come la morte può insegnarci a vivere pienamente / Frank Ostaseski Accompagnare un essere umano al limite estremo della vita, essere testimone partecipe ed empatico del momento del trapasso è un'esperienza fondamentale, che cambia radicalmente la visione dell'esistenza e, quindi, il modo di vivere di chi non ha paura di connettersi con gli altri e con il loro dolore. Dopo essere stato per anni «seduto sul precipizio della morte» allo Zen Hospice di San Francisco di cui è stato cofondatore, nel suo nuovo, attesissimo libro Frank Ostaseski rivolge al lettore «cinque inviti» che scaturiscono, oltre che da numerose vicissitudini personali, talvolta drammatiche, dai racconti di tanti pazienti terminali che, dialogando con lui - maestro di cure compassionevoli -, si sono confrontati da vicino con la morte. «Non aspettare»: non sprecare il tempo, non rinunciare a vivere ogni momento della vita in maniera consapevole. «Accogli tutto, non respingere nulla»: sii aperto e ricettivo al mondo esterno, con la mente e con il cuore. «Porta nell'esperienza tutto te stesso»: accetta ogni tua parte interiore, sii completo, anche se imperfetto. «Impara a riposare nel pieno dell'attività»: in ogni situazione quotidiana, cerca di ritagliarti momenti di pausa, silenzio, distacco, per poterti incontrare con te stesso. «Coltiva la mente che non sa»: sii curioso e affina la tua capacità di sorprenderti e meravigliarti. In pagine dense di emozioni e di ricordi, illuminate da citazioni colte e dalla grazia della semplicità, Ostaseski traccia un percorso di consapevolezza, accessibile a ognuno di noi, la cui meta finale è quella di farci capire che vita e morte sono inseparabili e acquistano il loro senso una dall'altra, e che ogni morte è qualcosa di unico e di significativo, una preziosa opportunità di saggezza e di guarigione, non solo per chi muore ma anche per coloro che continuano a vivere. Perché «la morte è molto più di un evento medico. È un tempo di crescita, un processo di trasformazione che ci apre alle più profonde dimensioni della nostra umanità. La morte risveglia la presenza, cioè un'intimità con noi stessi e con tutto ciò che è vivo». cinque_inviti.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/cinque_inviti.jpg)
![Marie De Hennezel ha scritto la cronaca commovente e per nulla triste delle lunghe ore da lei trascorse accanto ai malati terminali. Un libro che ci insegna, attraverso toccanti testimonianze, a non avere paura della morte: grandi lezioni di vita da chi sta per morire. morte_amica.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/morte_amica.jpg)
![«La tristezza mi entra nel cuore. Io ho paura della morte». Così quattromila anni fa Gilgamesh, l'eroe babilonese, commentava la morte dell'amico Enkidu. La paura della morte ci perseguita da sempre. C'è chi la manifesta indirettamente, magari in un sintomo che non ha apparentemente nulla a che fare con essa; c'è chi la esplicita, come Gilgamesh, con tragica consapevolezza; c'è chi ne è a tal punto paralizzato da non potersi abbandonare ad alcuna felicità. Come un'ombra oscura, la paura della morte entra nel cuore di ogni uomo, in ogni epoca, sotto ogni condizione. Al punto tale che non vi è stato scrittore degno di questo nome che non l'abbia affrontata e descritta. Irvin Yalom l'affronta anche lui in questo libro, ma non per aggiungere un suo compendio di riflessioni alle illustri opere del passato. Il libro è piuttosto una ricognizione che nasce dal confronto personale con il problema della morte, confronto offerto dal dialogo con i pazienti e dalla frequentazione delle opere di quei pensatori che hanno tracciato la via per avere la meglio sul terrore della morte. L'esperienza mostra come sia davvero arduo vivere ogni istante consapevoli di dover morire. «E come cercare di fissare direttamente il sole: si riesce a sopportarlo solo per poco». Di qui i rituali compulsivi per attenuarne il terrore: la proiezione nel futuro attraverso i propri figli, la fede in un salvatore, la strenua lotta per diventare importanti e famosi. L'angoscia della morte è però sempre in agguato, «occultata in qualche abisso nascosto della mente». Che cosa fare? Come misurarsi con essa? Più che Freud, Jung e gli altri grandi psichiatri della fine del diciannovesimo e dell'inizio del ventesimo secolo, sono i filosofi greci classici, in particolare Epicuro, a indicare, per Yalom, la via. È attraverso il pensiero di Epicuro - un filosofo lontanissimo da quella concezione di abbandono alla sensualità con cui viene generalmente tramandato - che l'idea della morte, anziché portare alla disperazione e a una vita priva di scopo, può essere una awakening experience, un'esperienza di risveglio, «una consapevolezza che conduce a una vita più piena». fissando_il_cielo.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/fissando_il_cielo.jpg)
Si potreb
be azzardare dunque che il culto dei morti, che sappiamo bene esistere fin dai tempi dell'uomo primitivo, quando cioè esso seppelliva i propri morti sotto rocce e grotte, lasciandogli accanto tutto ciò che potesse servire allo spirito (cibo, oggetti, utensili, armi) possa rappresentare la necessità dell’uomo di assicurarsi l'esistenza di una continuazione della vita oltre la morte: il culto della morte che che è culto per la vita.
I Cimiteri diventano così il luogo per eccellenza dove il culto dei morti viene praticato dai vivi. La sepoltura, oltre a proteggere il defunto, è strettamente connessa al suo ricordo e alla sua venerazione. Sulla tomba si può tornare e continuare a mantenere vivo il legame con il defunto; il cimitero è il luogo dove vivi continuano ad essere in connessione con i morti (sull'argomento due romanzi nella rubrica Accoppiamenti giudiziosi).
I riti funebri rappresentano anche una modalità sociale per far fronte alla morte e pur differenziandosi molto da una cultura all'altra, tutti ci aiutano a salutare il morto, ad accompagnarlo nel passaggio verso un'altra vita e a sancire il riconoscimento del dolore per la perdita da parte chi chi resta; molti sono gli studi che esplorano sia gli aspetti sociologici, sia quelli psicologici della perdita di una persona cara, ne citiamo alcuni che potete trovare in biblioteca:
![Morire all'italiana : pratiche, riti, credenze / a cura di Asher Colombo Nel drammatico contesto creatosi durante la lunga stagione della pandemia, l'esperienza della morte è ascesa agli onori delle cronache quotidiane. Ma che cosa sappiamo davvero del rapporto di noi italiani con la morte? La temiamo o ne esorcizziamo la presenza incombente? Con quali sentimenti e con quali forme ci prepariamo ad affrontare la fine della vita, nostra e dei nostri cari? Quali sono i gesti e le pratiche che ci accompagnano al trapasso, al commiato, al lutto, alla sepoltura? Grazie ai risultati emersi da un'indagine ad ampio spettro su un campione rappresentativo della popolazione e da una serie di interviste sulle esperienze dirette di italiane e italiani, il volume colma una lacuna negli studi sulla società italiana contemporanea, offrendo al lettore un affresco inedito e a tratti sorprendente della cultura del morire nel nostro paese. morire_allitaliana.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/morire_allitaliana.jpg)
![Al centro di questo libro c'è il rapporto della vita umana con l'esperienza traumatica della perdita. Cosa accade dentro di noi quando perdiamo chi abbiamo profondamente amato? Quale vuoto si spalanca? Quale lavoro ci attende per ritornare a vivere? E cosa avviene quando questo lavoro risulta impossibile e ci sentiamo persi insieme a chi abbiamo perduto? Il lavoro del lutto e la nostalgia sono due esempi di come possiamo restare vicini a ciò che abbiamo perduto senza però farci inghiottire dal dolore. Mentre il nostro tempo esalta il futuro, il progetto, l'intraprendenza, il lutto e la nostalgia ci ricordano che lo sguardo rivolto all'indietro non è sempre segno di impotenza, ma può anche alimentare le risorse che servono per essere davvero capaci di non smettere mai di nascere. Può la luce arrivare dal passato? Può esserci luce nella polvere? luce_delle_stelle_morte.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/luce_delle_stelle_morte.jpg)
![rinascere_dopo_il_lutto.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/rinascere_dopo_il_lutto.jpg)
Nel giorno dedicato al ricordo dei morti in tutto il mondo moltissime sono le consuetudini che si assomigliano e che hanno in comune fra loro: addobbi floreali nei cimiteri, lumini e candele, così come è diffusa anche l'usanza di preparare alcuni dolciumi, chiamati "dolci dei morti", per celebrare la giornata. Anche in Italia, in molte regioni, ancora si usa la notte tra l'1 ed il 2 novembre, porre questi dolci e panificati sulle tavole e così le fave da morto, le favette dei morti (prova la ricetta del libro La cucina delle fiabe. Fate, streghe ed elfi ai fornelli, Roberto Carretta), gli ossi dei morti, i cavalli, le mani, i pan dei morti, sono solo alcuni dei nomi che li contraddistinguono e che, oltre a rappresentare un'offerta per sostentare i morti, hanno la funzione di aiutare i vivi che li mangiano ad entrare in comunione con i defunti stessi e in ultimo, anche a sdrammatizzare ed esorcizzare la paura della morte, come ci raccontano bene Eraldo Baldini e Giuseppe Bellos in Halloween. Nei giorni che i morti ritornano.
Tutti questi elementi li ritroviamo nella festa legata alla morte per eccellenza: Halloween. ![halloween_ragazzi_principale.jpg](https://www.bibliotechecivichepadova.it/sites/default/files/archivio/halloween_ragazzi_principale.jpg)
La morte è infatti il tema principale della festa che avviene nel periodo dell'anno in cui la natura sembra immobile e inattiva, mentre in realtà si rinnova sottoterra, esattamente, dunque, dove riposano i morti.
Pur essendo una festa originaria dell'Irlanda, sono sicuramente gli americani che festeggiano senza risparmi di mezzi: zucche intagliate, addobbi spaventosi, fantasmi e altri mostri alle finestre e bambini mascherati che vanno di casa in casa chiedendo: “dolcetto o scherzetto”. Puoi trovare i libri su Halloween nella nostra sezione junior.
Halloween fa leva su tutte le nostre paure più nascoste: mostri, zombie, fantasmi, streghe, spiriti maligni e ultimi, ma non in ordin
e di importanza, i Vampiri. Il non-morto, da sempre rappresenta una delle paure umane più ancestrali, il vampiro, Dracula, un essere terrificante che non-vive e che si nutre dell’essenza vitale di altri viventi.
Per molte persone sfidare le proprie paure e i propri limiti con i film horror è parte di una tradizione personale: quale occasione migliore di sfruttare Halloween per una maratona film horror?
Se la festa americana è riuscita quasi ad oscurare la sua origine anglosassone, dobbiamo dire che forme diverse, ma simili, di festeggiamenti li troviamo davvero in ogni parte del mondo e ne citiamo uno per tutti: Il día de Muertos in Messico che è diventato patrimonio dell'umanità ormai dal 7 novembre 2003. Qui i festeggiamenti durano molti giorni e si rifanno alle tradizioni precolombiane, con musica, bevande e cibi tradizionali, per le strade è usuale incontrare rappresentazioni caricaturali della morte, ed è ancora consuetudine preparare l'"altare dei morti" con immagini del defunto, una croce, un arco e incenso, in modo tale che durante tale giorno, lo spirito del defunto venga a trovare i propri cari, come ci racconta il bellissimo film d'animazione Coco che si svolge proprio durante questa festa.