È uscito lo scorso due maggio per i tipi di Einaudi Resta con me, sorella di Emanuela Canepa. Romanzo storico, ambientato negli anni Venti del Novecento, racconta la storia di due donne, Anita e Noemi, che si incontrano nel carcere della Giudecca, diventano amiche, e iniziano a immaginare insieme un futuro da donne libere e indipendenti dalle strette dei ruoli che la società del tempo riserva alle donne. Tuttavia, una volta fuori dal carcere, entrambe dovranno fare i conti con la gretta realtà del mondo.
L’autrice
Emanuela Canepa vive a Padova. Il suo esordio L'animale femmina (Einaudi 2018 e 2019), vincitore all'unanimità del Premio Calvino 2017, ha avuto un'ottima accoglienza di critica e di pubblico e ha vinto il Premio Letterario Fondazione Megamark, il Premio Anima della Confindustria, il premio Latisana e il Premio per la Cultura Mediterranea - Fondazione Carical nella sezione Narrativa Giovani. Sempre per Einaudi ha pubblicato Insegnami la tempesta (2020). Per Tetra è uscito Quel che resta delle case (2022); per Libreria Vaticana il racconto Luci a Parma (2022) è stato incluso nell’antologia La parola e i racconti.
Dopo due romanzi, L'animale femmina (premio Calvino 2017) e Insegnami la tempesta (2020), ambientati nella contemporaneità, nel suo nuovo romanzo ci racconta la storia di due donne che si svolge negli anni Venti del Novecento. Perché ha scelto proprio quel periodo storico?
Perché è particolarmente fertile sotto il profilo della storia delle donne. In quasi tutti i paesi occidentali, con pochissime eccezioni, il voto alle donne è arrivato nel decennio compreso fra il 1910 e il 1920, e anche in Italia il dibattito pubblico è stato particolarmente vivace. Qui però si è imposto il fascismo, che ha saldato la sua visione della donna a quella della Chiesa. Anche per questo non è stato possibile un vero scarto in avanti, quello legato al riconoscimento del voto e della piena titolarità giuridica, che è arrivato con una generazione di ritardo. Ma anche per la storia di Venezia, la città dove è ambientata la vicenda, gli anni Venti segnano uno spartiacque importante. L’economia e lo sviluppo lagunare, legati alla doppia direttrice del potenziamento industriale con la costruzione di Porto Marghera e del turismo, vengono progettati e realizzati in quegli anni.
Il romanzo è ambientato per buona parte in una Venezia dai luoghi particolari, come il carcere della Giudecca, e dalle atmosfere avvolgenti. Io sono convinta che gli ambienti facciano i romanzi, cioè che ogni storia possa essere inserita solo in quel determinato luogo e in quel preciso momento storico. Molto spesso i luoghi che si scelgono per ambientare le storie sono luoghi con cui l'autore ha un rapporto speciale. Che rapporto ha lei con la città di Venezia?
Prima di ogni altra cosa, direi, di grandissimo rispetto. Non solo per l’arte e la bellezza, che sono sotto gli occhi di tutti, ma per la sua storia, che in Italia perlopiù tristemente ignoriamo, mentre sarebbe degna di essere studiata in modo omogeneo, dalla fondazione alla caduta, come facciamo con la civiltà romana, tenendo conto che è forse l’unico esempio di dominazione totalmente autonoma dall’influenza di stati stranieri che abbiamo avuto sul nostro territorio prima dell’Unità nazionale. Ma la amo anche moltissimo per la sua doppia natura. Basta allontanarsi dalla direttrice di Lista di Spagna che unisce la stazione a piazza San Marco per scoprire un’altra città: arcana, impenetrabile, sfuggente. È facile imbattersi negli dèi dell’acqua se ci si allontana dai percorsi battuti.
Al terzo romanzo, più qualche pubblicazione di racconti, come il bellissimo Quel che resta delle case, uscito per Tetra editore (2022), e il raffinato Piccole luci a Parma, incluso nel progetto La Parola e i racconti, edito per Libreria Editrice Vaticana (2022), possiamo dire che il suo percorso di scrittrice si sta delineando con precisione. Qual è oggi il suo rapporto con la scrittura e cosa è cambiato dall'esordio con L'animale femmina nel suo approccio alla stesura di un testo?
Posso dare solo una risposta ambivalente. Sotto un certo profilo ho l’impressione che sia cambiato poco. Leggo molto, rifletto molto, scrivo e riscrivo scaletta, trama, schede dei personaggi mille volte prima di mettermi a lavorare seriamente sul romanzo. In termini empirici credo però di poter dire che tutto fluisce in maniera più scorrevole. Ottengo risultati migliori in un tempo più breve. Tuttavia sono sempre del tutto incapace di valutare da sola i risultati del mio lavoro. In questo non è cambiato nulla.
So che lei è utente delle nostre biblioteche civiche. Le chiedo due consigli di lettura per i lettori concittadini padovani, un classico da riscoprire e un contemporaneo, che siano reperibili nel nostro catalogo.
Recentemente c’è un grande recupero da parte dell’editoria di testi scritti da autrici della prima metà del Novecento, all’epoca celeberrime e poi dimenticate. Penso ad Alba De Cèspedes e a Fausta Cialente, soprattutto. Quasi tutta la loro bibliografia è facilmente reperibile nel catalogo urbano. Una scrittrice recente che trovo potente come un classico è invece Lauren Groff. Il suo ultimo romanzo, Matrix, dedicato a una badessa medievale ispirata a una donna realmente vissuta, è davvero potente.
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Approfondimenti da: indiceonline e minima et moralia