Mario Vargas Llosa
Con la scomparsa di Mario Vargas Llosa, la letteratura perde uno dei suoi grandi costruttori di mondi. Non soltanto un autore prolifico, ma un intellettuale capace di usare la narrativa come strumento per interrogare il potere, la libertà e le contraddizioni della modernità. A 89 anni, si spegne una delle ultime voci del cosiddetto "boom" latinoamericano, ma il suo lascito rimane vivo, pulsante, necessario.
Vargas Llosa ha attraversato più di sei decenni di scrittura con un’ambizione rara: quella di restituire sulla pagina la complessità della realtà. I suoi romanzi non offrono facili chiavi di lettura, ma si costruiscono come labirinti narrativi dove il lettore è chiamato a orientarsi tra piani temporali intrecciati, monologhi interiori e riflessioni implicite. La città e i cani, opera d’esordio che scandalizzò il Perù conservatore degli anni Sessanta, già conteneva tutta la poetica dello scrittore: un’analisi spietata delle istituzioni, una scrittura tesa e una visione profondamente critica del potere.
Nel corso della sua carriera, Vargas Llosa ha saputo reinventarsi più volte, senza mai abbandonare una certa tensione etica. La sua opera narrativa convive con una produzione saggistica altrettanto significativa: da lettore onnivoro e polemista acuto, ha riflettuto sul ruolo della letteratura nella società, sulla libertà di pensiero, sull’evoluzione della democrazia.
È stato scrittore, sì, ma anche editorialista, conferenziere, candidato alla presidenza del suo paese: un intellettuale nel senso più ampio del termine.
Il riconoscimento del Premio Nobel per la Letteratura gli è arrivato nel 2010, a coronamento di un percorso coerente e di rara profondità. Ma la sua importanza non si misura soltanto nei premi, bensì nella sua capacità di aver saputo unire introspezione e visione politica, forma e sostanza, narrazione e analisi.
Vargas Llosa ha sempre scritto romanzi che, dietro il velo della finzione, contenevano domande fondamentali sul destino umano.
Oggi le sue opere continuano a essere lette, studiate, discusse perché sono tutt’altro che pacificate: inquietano, mettono in crisi, spingono alla riflessione. Vargas Llosa infatti è sempre rimasto fedele all'idea di romanzo come spazio critico, luogo di resistenza e di libertà.
La città e i cani (1963)
Romanzo d'esordio e autentico terremoto nella narrativa peruviana. Ambientato in un collegio militare di Lima, denuncia l’addestramento disumanizzante e l’autoritarismo. È il primo esempio della sua capacità di unire narrazione intensa e critica sociale.
La violenza – fisica e non – fa da sfondo al microcosmo del Collegio Leoncio Prado di Lima dove avviene l'educazione del protagonista-alter ego dell'autore. Un collegio retto da militari secondo una disciplina militare in cui confluiscono sia i figli delle classi inferiori ammessi per merito sia quelli delle classi alte mandati lí dalle famiglie nella speranza di domarli, e dove la sopraffazione, la forza bruta, il dispotismo sono le leggi della convivenza, a dispetto di regolamenti e norme. «Ero un bambino viziatissimo, presuntuosissimo, cresciuto, faccio per dire, come una bambina... Mio padre pensava che il Leoncio Prado avrebbe fatto di me un uomo, – ricorda Vargas Llosa, – ma per me fu come scoprire l'inferno.»
La casa verde (1966)
Una delle opere più complesse e strutturalmente audaci: storie intrecciate che si snodano tra bordelli, giungla amazzonica e deserti peruviani. Una vera sinfonia narrativa sull’ambiguità morale e sulla brutalità del progresso.
È la storia di Piura, piccolo centro di provincia dedicato all'agricoltura e al commercio del bestiame, che diventa una grande e tumultuosa città moderna, tra fabbriche, grattacieli e automobili. La Casa verde è il postribolo che sorgeva nella Mangacheria, l'agglomerato di capanne ai margini della città, variopinto crogiolo di razze e miserie destinato a diventare uno squallido suburbio. Un luogo realissimo e mitico al tempo stesso, che Vargas Llosa evoca nei modi e nelle cadenze della mitologia popolare, attraverso i suoi personaggi: don Anselmo, padre Garcia, il dottor Zevallos, la Santera Domitilla.
Conversazione nella Cattedrale (1969)
Forse il suo romanzo più ambizioso. Attraverso il dialogo tra due uomini in un bar di Lima, Vargas Llosa ricostruisce l’opacità e la violenza del regime di Odría. Una meditazione sul fallimento delle utopie e sul senso di impotenza generazionale.
Santiago Zavala – giovane giornalista della «Crónica» che tutti chiamano Zavalita – torna a casa dal lavoro e trova la moglie in lacrime: le hanno strappato di mano il cagnolino Batuque. Zavala lo va a riprendere al canile e il destino gli fa trovare, fra i dipendenti di quel luogo che sembra piuttosto un macello, Ambrosio, per molti anni autista di famiglia. Insieme vanno a bere una birra a «La Catedral», sordido locale di periferia, e dal loro dialogo viene fuori un'immagine globale della società di Lima – ma anche peruviana, e latinoamericana – negli anni Cinquanta e Sessanta. Pubblicato nel 1969, Conversazione nella «Catedral» è un romanzo dalla costruzione articolata e travolgente, in cui le inquadrature sono «montate» in successione martellante, come in un film d'azione: un vero e proprio affresco storico.
La festa del caprone (2000)
Un potente affresco sulla dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana. Qui la penna dello scrittore si fa strumento di analisi politica, ma anche ritratto dell’orrore quotidiano del potere assoluto.
Nel 1961 un gruppo di dominicani decide di uccidere in un agguato il dittatore Rafael Leónidas Trujillo, il "Caprone", padrone assoluto di Santo Domingo, violentatore e paternalista, che da trent'anni controlla le coscienze, i pensieri, i sogni dei cittadini... Molti anni dopo, Urania Cabral figlia dell'ex presidente del Senato Trujillo, professionista di successo, torna nella Santo Domingo che ha lasciato quattordicenne. Per chiudere i conti con un passato impossibile da rimuovere? Per vendicare torti e sofferenze? Per amore della sua terra, delle sue radici?
Mario Vargas Llosa nel catalogo delle biblioteche civiche
Mario Vargas Llosa in ebook
Dall’archivio. Gli articoli di Vargas Llosa 1992-2000, di Antonio Tabucchi su lindiceonline