Personaggio spesso scomodo, quasi sempre polemico, estremamente colto ma legato inscindibilmente alla cultura contadina, Pasolini è stato poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere, scrittore e nell'arco di tutta la sua vita artistica è stato visto dalla società benpensante come una  contraddizione vivente. I suoi libri e i suoi film hanno fatto spesso scandalo, così come le sue pubbliche dichiarazioni su temi legati all'attualità e alla politica.

Poeta

Il mio desiderio di ricchezza
...
C’è qualcosa che accomuna chi sa l’ansia
e chi non la sa: l’uomo ha umili desideri.
Prima d’ogni altra cosa, una camicia candida!
Prima d’ogni altra cosa, delle scarpe buone,
dei panni seri! E una casa, in quartieri
abitati da gente che non dia pena,
un appartamento, al piano più assolato,
con tre, quattro stanze, e una terrazza,
abbandonata, ma con rose e limoni…
Solo fino all’osso, anch’io ho dei sogni
che mi tengono ancorato al mondo,
su cui passo quasi fossi solo occhio…

(da La religione del mio tempo)
 

religione_del_mio_tempo_cop.jpgScritte tra il 1955 e il luglio del 1960 e pubblicate per la prima volta nel 1961, le poesie di La religione del mio tempo raccontano in versi un'intera società in fermento. Usando la frusta quando lo ritiene necessario, Pasolini non retrocede di fronte a nulla e utilizza ogni possibile materiale argomentativo: da quello metafisico a quello polemico, dal giornalistico al profetico, proponendo schemi e ideologie che - come spiegherà sul settimanale Vie nuove - "non sono solo opinioni politiche, ma sono, insieme, poetiche; hanno cioè subito quella trasformazione radicale di qualità che è il processo stilistico". In questa raccolta Pasolini riesce così a mettere poeticamente in azione tutta la sua incontenibile passione civile, un'insaziabile fame di vita e un irresistibile desiderio di capire e sentire.

 

 

Regista

Eppure che è la fame? Un vizio! È tutta un'impressione!. Ah, se nun c'avessero abituati a magnà, da ragazzini! 
Vittorio Cataldi (Franco Citti) dal film Accattone

accattone_cop.jpg
Pasolini, nel 1960, decide di diventare regista, vuole sperimentare le sue teorie semiologiche su un cinema di poesia. Nel 1961, con l’aiuto di Fellini e dei fratelli Franco e Sergio Citti, gira il suo primo film “Accattone”. La vicenda, ambientata in una borgata romana, con Accattone ( Franco Citti) che cerca di riscattarsi per amore di una giovane che fa prostituire e finisce per morire durante un tentativo di furto, passa abbastanza inosservata fra i critici italiani, mentre al Festival di Venezia viene lodata entusiasticamente dal regista francese Marcel Carné.

 

Riconoscimenti: 
Nastri d'argento 1962:  miglior produttore (Alfredo Bini)
Laceno d'oro 1962:  migliore attore (Franco Citti)
Festival Internazionale del cinema di Karlovy Vary 1962: Primo premio per la regia
Nomination BAFTA al miglior attore protagonista straniero a Franco Citti 1963

Trailer originale del film Accattone
Giornalista

"Forse qualche lettore troverà che dico delle cose banali. Ma chi è scandalizzato è sempre banale. E io, purtroppo, sono scandalizzato. Resta da vedere se, come tutti coloro che si scandalizzano (la banalità del loro linguaggio lo dimostra), ho torto, oppure se ci sono delle ragioni speciali che giustificano il mio scandalo."

scritti_corsari_cop.jpgL'invisibile rivoluzione conformistica di cui Pasolini parlava con tanto accanimento e sofferenza dal 1973 al 1975, non era affatto un fenomeno invisibile. Chi ricorda anche vagamente le polemiche giornalistiche di allora, a rileggere questi 'Scritti corsari' può restare sbalordito. Il fatto è che per Pasolini i concetti sociologici e politici diventavano evidenze fisiche, miti e storie della fine del mondo. Finalmente, così, Pasolini trovava il modo di esprimere, di rappresentare e drammatizzare teoricamente e politicamente le sue angosce... di parlare in pubblico del destino presente e futuro della società italiana, della sua classe dirigente, della fine irreversibile e violenta di una storia secolare. (Dalla Prefazione di Alfonso Berardinelli)

Scrittore

una_vita_violenta_cop.jpgUNA VITA VIOLENTA. Il romanzo racconta la vera storia della vita breve, vissuta con passione, di Tommaso Puzilli, un giovane sottoproletario dei sobborghi romani. I piccoli furti, i rapporti con omosessuali, i vagabondaggi notturni, fino alla tragedia finale: il ritratto di un gruppo che vive al di fuori di ogni ordinamento sociale che lo possa condizionare. Pubblicato per la prima volta nel 1959, questo libro venne giudicato dalla critica uno dei romanzi più importanti del dopoguerra. Lungi dal servire effetti coloriti e pittoreschi, il gergo fu utilizzato qui da Pasolini per dare una rappresentazione lucida e spietata, delle persone e degli atti, dell'ambiente e delle fatalità (Carlo Emilio Gadda) delle borgate romane.

La trama di Una vita violenta mi si è fulmineamente delineata una sera del ’53 o ’54... C’era un’aria fradicia e dolente... Camminavo nel fango. E lì, alla fermata dell’autobus che svolta verso Pietralata, ho conosciuto Tommaso. Non si chiamava Tommaso: ma era identico, di faccia, a come poi l’ho dipinto... Come spesso usano fare i giovani romani, prese subito confidenza: e, in pochi minuti mi raccontò tutta la sua storia. (Pier Paolo Pasolini, Le belle bandiere, 1966)

È un bellissimo libro. Bellissimo. Uno dei più bei libri italiani del dopoguerra, uno dei più bei libri degli ultimi anni in senso assoluto. (Italo Calvino)

 

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In arrivo in biblioteca

morire_per_le_idee_cop.jpgMORIRE PER LE IDEE. VITA LETTERARIA DI PIER PAOLO PASOLINI, Roberto Carnero, 2022
Le opere di Pier Paolo Pasolini (dalla poesia alla narrativa, dal teatro al cinema, dal giornalismo alla critica letteraria) vanno lette come un tutt'uno, in cui le diverse fasi di un lavoro artistico articolato si intersecano continuamente in un discorso creativo in costante evoluzione. Roberto Carnero indaga questa "opera totale" senza scinderne i vari generi, ma riportando le molteplici esperienze alla coerenza di un percorso artistico unitario. In particolare vengono scanditi in modo lineare i grandi temi pasoliniani: la giovinezza in Friuli, la vocazione poetica e la scoperta dell'omosessualità; il contrastato rapporto con la religione e con la politica; la scoperta del sottoproletariato romano negli anni cinquanta; la nostalgia del passato e la fuga verso un impossibile altrove spazio-temporale; la fase apocalittica degli ultimi anni, prima di una morte tragica ancora avvolta nel mistero.

caro_pierpaolo_cop.jpgCARO PIER PAOLO, Dacia Maraini, 2022
Caro Pier Paolo, ho in mente una bellissima fotografia di te, solitario come al solito, che cammini, no forse corri, sui dossi di Sabaudia, con il vento che ti fa svolazzare un cappotto leggero sulle gambe. Il volto serio, pensoso, gli occhi accesi. Il tuo corpo esprimeva qualcosa di risoluto e di doloroso. Eri tu, in tutta la tua terribile solitudine e profondità di pensiero. Ecco io ti immagino ora cosí, in corsa sulle dune di un cielo che non ti è piú ostile. (Dacia Maraini)

Pier Paolo Pasolini è un autore di culto anche per i più giovani. La sua è stata una vita fuori dagli schemi: per la forza delle sue argomentazioni, l’anticonformismo, l’omosessualità, la passione per il cinema, la sua militanza e quella morte violenta e oscura. Sono passati cento anni dalla sua nascita, e quasi cinquanta dalla sua scomparsa. Eppure è ancora vivo, nitido, tra noi, ancora capace di dividere e di appassionare. Di quel mondo perduto, degli amici che lo hanno frequentato, della società letteraria di cui ha fatto parte, c’è un’unica protagonista, che oggi ha deciso di ricordare e raccontare: Dacia Maraini.
Dacia Maraini è stata una delle amiche piú vicine a Pier Paolo. E in queste pagine la scrittrice intesse un dialogo intimo e sincero capace di prolungare e ravvivare un affetto profondo, nutrito di stima, esperienze artistiche e cinematografiche, idee e viaggi condivisi con Alberto Moravia e Maria Callas alla scoperta del mondo e in particolare dell’Africa.
Nelle lettere a Pier Paolo che definiscono l’architettura narrativa del libro hanno un ruolo centrale i sogni che si manifestano come uno spazio di confronto, dove affiorano con energia i ricordi e si uniscono alle riflessioni che la vita, il pensiero e il mistero sospeso della morte di Pasolini ispirano ancora oggi all’autrice. Lo stile intessuto di grazia e dolcezza, ma anche di quella componente razionale e ferma, caratteristica della scrittura di Dacia, fanno di questo disegno della memoria che unisce passato, presente e futuro non solo l’opera piú significativa, ma l’unica voce possibile per capire oggi chi è stato davvero un uomo che ha fatto la storia della cultura del Novecento.

L'ultima intervista a Pier Paolo Pasolini