Manuel Azaña Díaz (Alcalá de Henares, 10 gennaio 1880 – Montauban, 3 novembre 1940) è stato un politico spagnolo. È stato capo del governo due volte: dal 14 ottobre 1931 al 12 settembre 1933 e dal 19 febbraio al 10 maggio 1936; e due volte Presidente della Seconda Repubblica spagnola: dal 14 ottobre al 10 dicembre 1931 e dall'11 maggio 1936 all'aprile 1939.
Azaña non fu solo una personalità politica, ma anche uno scrittore, appartenente alla cosiddetta "Generazione del '14". Nel 1926 ricevette il premio nazionale di letteratura per l’opera biografica Vida de Don Juan Valera. Tuttavia, la sua piece più conosciuta, scritta durante la guerra civile, è La veglia a Benicarló, della quale terminò la scrittura durante la rivolta di Barcellona a maggio 1937.
Un medico, due ufficiali, un ex deputato e un'attrice si mettono in viaggio da Barcellona a Valencia a bordo di un'automobile, mentre intorno a loro e in tutta la Spagna infuria la guerra civile. Si fermano a dormire a metà strada, in un albergo di Benicarló dove si trovano già un ex ministro, un avvocato, uno scrittore, un dirigente socialista e un propagandista. In breve tempo, la sosta notturna si trasforma in una lunga veglia e in un confronto collettivo sui grandi temi politici, morali ed esistenziali che il conflitto impone a un paese dilaniato.
In quest'opera Azaña fa uso di diversi personaggi per esporre i vari punti di vista ideologici, politici e sociali presenti nella Repubblica durante la guerra, cercando di spiegare le rivalità e i conflitti che stavano deteriorando la coesione dei repubblicani.
Il testo è un dialogo teatrale. Benicarló è un luogo che si trova a metà del tragitto, laddove il limpido il dialogo sobre la guerra de España si concluderà in tragedia, con l'arrivo degli aerei all'alba e la distruzione dell'albergo.
Rileggere questo testo significa rivedere le lacerazioni immani di quella guerra che fu osservata, vissuta e sentita in tutto il mondo europeo degli anni Trenta.
Il libro viene riproposto da Minimum Fax, collana Introvabili, con una prefazione di Leonardo Sciascia e traduzione di Sciascia e Salvatore Girgenti