Il 2021 ha visto l’assegnazione del Nobel per la Fisica a Giorgio Parisi per gli studi sui sistemi complessi. Secondo lo scienziato: "Scienza e poesia hanno più cose in comune. Innanzitutto, la volontà di conoscere le cose, la natura, l’universo. Un’altra è l’intuizione: scienziati come Poincaré e Einstein si dibattevano a lungo su un problema: non riuscendo a proseguire lo accantonavano, finché, dopo qualche tempo, arrivava l’intuizione risolutiva. Così, guardando un paesaggio dopo aver letto una poesia, si colgono connessioni a cui prima non avevamo pensato".
Nell’antichità scienza, religione e poesia erano unite, dai babilonesi, all’antico Egitto, fino allo straordinario
De rerum naturae di Lucrezio:
Nessuna sostanza ritorna nel nulla, ma tutte
dissolte ritornano alle particelle elementari della materia.
Dunque ogni cosa visibile non perisce del tutto
poiché una cosa dall’altra la natura ricrea,
e non lascia che alcuna ne nasca se non dalla morte di un’altra.
Il rapporto tra scienza e poesia si è sviluppato in modi diversi: dagli atomi di Lucrezio a "la verità della scienza e, insieme, la sua vanità per l'uomo" in Leopardi; da "l'incessante evoluzione intessuta di desiderio" in Raymond Queneau, alla scienza spiegata ai piccoli lettori in Rodari, fino allo stupore di Wislawa Szymborska. Seicento anni prima che Plank mostrasse che la materia è movimento di energia, Dante aveva detto che "'l sole e l'altre stelle" sono mosse da amore, fondando così il sapere scientifico nel discorso poetico.
Nel 1611, dopo i primi resoconti di Galileo sugli studi con il telescopio, John Donne scrive:
Il sole è perso, e così la terra,
e liberamente gli uomini confessano che questo mondo è spento,
Quando nei pianeti, e nel firmamento.
ve ne sono così tanti; e nuovi ...
Tutto cade a pezzi, tutta la coerenza è andata ...
Nel 1804 un’eclisse di Sole impresse in Leopardi l'attrazione per l'astronomia a tal punto da considerare con accezione scientifica parole come luna, stelle, cielo, infinito,frequenti nelle sue opere.
Corriamo dentro il secondo millennio e la vertigine continua: dalla relatività alle teorie quantistiche; dalla genomica alle neuroscienze; dai progressi delle biotecnologie all’esplorazione dello spazio.
Secondo il poeta premio Nobel Czeslaw Milosz, "La scienza e la poesia condividono il tentativo di trovare una lingua per l'ignoto. La poesia è l’appassionato inseguimento del reale”.
Il senso
Quando morirò, vedrò la fodera del mondo.
L’altra parte, dietro l’uccello, il monte e il tramonto del sole.
Letture che richiamano il vero significato.
Ciò che non corrispondeva, corrisponderà.
Ciò che era incomprensibile, sarà compreso.
Ma se non c’è la fodera del mondo?
Se il tordo sul ramo non è affatto un indizio
Soltanto un tordo sul ramo, se il giorno e la notte
Si susseguono non curandosi del senso
E non c’è niente sulla terra, tranne questa terra?
Se così fosse, resterebbe tuttavia
La parola una volta destata da effimere labbra,
Che corre e corre, messo instancabile,
Verso campi interstellari, nel mulinello delle galassie
E protesta, chiama, grida.
E ancora per Richard Feynman, Nobel per la Fisica (1918-1988):
Atomi che entrano nel mio cervello
eseguono una danza e se ne vanno;
atomi sempre nuovi che ripetono la stessa danza
che ricordano quella di ieri
Per il fisico Carlo Rovelli scienza e poesia viaggiano insieme: “Dante arriva in cima e guarda verso la terra e Beatrice gli dice guarda su. E vede questa sfera con Dio al centro che circonda il mondo. Si capisce questa immagine con la teoria di Einstein in cui il mondo è fatto da due sfere una intorno all’altra. Dante lo aveva intuito perché sia la poesia che la scienza sono visionarie, entrambe creano mondi che ci permettono di vedere meglio il mondo stesso”. Prosegue ”il mio dialogo è iniziato con Leopardi, proseguito con Rilke” che Rovelli usa come grimaldello lirico in alcuni libri.
“La scienza è troppo lenta” rispetto alla poesia per Arthur Rimbaud, sottintendendo che la via sulla quale camminano è la stessa. Mario Luzi scriveva che ai poeti interessa la fisica del mondo, e Piero Bigongiari parlava della poesia come di una "scienza nutrita di stupore". Per Emily Dickinson “alla scienza è necessaria anche la meraviglia”:
Una scienza – così dicono i Sapienti,
"Anatomia Comparata" –
per la quale un singolo osso –
è costretto a svelare un segreto
di qualche raro inquilino dello scavo
Altrimenti scomparso nella pietra –
Così all'occhio la prospettiva condusse
questo timidissimo fiore del prato
in un giorno d'inverno,
dorata rappresentazione
di Rose e Gigli, molteplici,
e di innumerevoli Farfalle!
Nel 1960, il poeta e Nobel
Saint-John Perse, alias Alexis Léger politico francese, disse: «Ogni creazione della mente è ‘poetica’… da quella prima notte in cui due uomini ciechi tentarono la loro via, il primo equipaggiato con gli strumenti della scienza, l’altro con i lampi dell’immaginazione. La poesia è esercizio alchemico, estasi sperimentale cavalcando i giaguari, occhi gettati nelle fauci del buco nero”. Perse fu anche geologo (Paul Celan collezionava manuali di mineralogia).
Roberto Maggiani fisico e poeta: “Mi rendevo conto che la Fisica, da sola, non avrebbe soddisfatto la mia ricerca. Capivo che la realtà era relazionata alla mia umanità, e da essa influenzata; che le mie visioni sul mondo avevano necessità umane, oltre che strettamente scientifiche”.
Leonardo Sinisgalli (1908-1981) noto come Il poeta delle due muse, si forma all’Istituto di Fisica di via Panisperna a Roma (come Fermi, Segre, Majorana). All’inizio si accosta all’ermetismo, sulla scia di Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo, Mario Luzi. Alla fine degli anni Quaranta scrive Intorno alla figura del poeta, riflessione sul ruolo del poeta come osservatore e interprete della realtà.
Katherine Larson, biologa molecolare e poetessa statunitense (ha ricevuto il premio Città di Vercelli per l’impegno civile): «Noi scienziati abbiamo bisogno di poesia» si legge in Mimesi e mimica, una sorta di manifesto della sua attività. «Nonostante quello che si pensa di solito, arte e scienza hanno tanto in comune».
Nel 2013 la NASA lanciò un concorso in previsione del lancio su Marte della sonda Maven, invitando a inviare una poesia sotto forma di Haiku. Tra i primi tre votati è risultato di un italiano, Alfonso Vocca, cittadino di Eboli.
La sua terzina:
i primi cinque
primi due tre cinque
sette undici
Motivazione della scelta: i numeri primi sono il linguaggio dell’universo. Da tutto il mondo arrivarono 1253
haiku. Quelli che ricevettero più di due voti vennero salvati nel DVD spedito su Marte il 18 novembre 2013.
Nel 2022 si celebreranno gli ottocento anni dalla fondazione dell’Università di Padova dove Galileo visse “i 18 anni più belli della mia vita”. I suoi scritti, letterari e scientifici, hanno ispirato poeti e scrittori. Studiò per certo la Commedia di Dante. Scrisse delle
Postille a Francesco Petrarca e commenti su l’Orlando Furioso e la Gerusalemme Liberata.
24 dicembre 1967, Italo Calvino ha appena pubblicato
Ti con zero. Anna Maria Ortese sul Corriere gli scrive: “Caro Calvino, non c'è volta che sentendo parlare di lanci spaziali, conquiste dello spazio, ecc., io non provi tristezza e fastidio; e nella tristezza c'è del timore, nel fastidio dell'irritazione, forse sgomento e ansia. Mi domando perché”. La risposta, immediata, di Calvino: “Cara Anna Maria Ortese, guardare il cielo stellato per consolarci delle brutture terrestri? Non le sembra una soluzione troppo comoda? Se si volesse portare il suo discorso alle estreme conseguenze, si finirebbe per dire: continui pure la terra ad andare di male in peggio, tanto io guardo il firmamento e ritrovo il mio equilibrio e la mia pace interiore. Non le pare di "strumentalizzarlo" malamente, questo cielo? Io non voglio però esortarla all'entusiasmo per le magnifiche sorti cosmonautiche dell'umanità. Le notizie di nuovi lanci spaziali sono episodi d'una lotta di supremazia terrestre e come tali interessano solo la storia dei modi sbagliati con cui ancora i governi e gli stati maggiori pretendono di decidere le sorti del mondo passando sopra la testa dei popoli.[...] Chi ama la luna davvero non si accontenta di contemplarla come un'immagine convenzionale, vuole entrare in un rapporto più stretto con lei, vuole vedere di più nella luna, vuole che la luna dica di più. Il più grande scrittore della letteratura italiana di ogni secolo, Galileo, appena si mette a parlare della luna innalza la sua prosa ad un grado di precisione e di evidenza ed insieme di rarefazione lirica prodigiose. E la lingua di Galileo fu uno dei modelli della lingua di Leopardi, gran poeta lunare...”
Dopo questa quanto mai attuale considerazione di Calvino, ci pare bello concludere con la poesia di Primo Levi Sidereus nuncius , ispirata proprio a Galileo esploratore di infiniti mondi:
Ho visto valli e monti sulla Luna
e Saturno trigesimo
io Galileo, primo fra gli umani;
quattro stelle aggirarsi intorno a Giove,
e la Via Lattea scindersi
in legioni infinite di mondi nuovi.
Ho visto, non creduto, macchie presaghe
inquinare la faccia del Sole.
Quest’occhiale l’ho costruito io,
uomo dotto ma di mani sagaci:
io ne ho polito i vetri, io l’ho puntato al Cielo
come si punterebbe una bombarda.
Io sono stato che ho sfondato il Cielo
prima che il Sole mi bruciasse gli occhi.
Prima che il Sole mi bruciasse gli occhi
ho dovuto piegarmi a dire
che non vedevo quello che vedevo.
Come non vedere la scena finale di Blade Runner di Ridley Scott, con il famoso monologo del replicante Roy Batty interpretato da un grandissimo Rutger Hauer?
“Ho visto cose che voi umani...”
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