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IL CERVELLO È PIÙ GRANDE DEL CIELO 

 

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IL CERVELLO È PIÙ GRANDE DEL CIELO 
POLITICHE DELL'AMICIZIA 
I NEURONI SPECCHIO. COME CAPIAMO CIÒ CHE FANNO GLI ALTRI

 

cervello_piu_grande_del_cielo.jpgIL CERVELLO È PIÙ GRANDE DEL CIELO. I SEGRETI DELLA MENTE SPIEGATI DA UN GRANDE NEUROCHIRURGO, Giulio Maira

Giulio Maira è tra i massimi neurochirurghi italiani, ha eseguito più di sedicimila interventi. Membro della N.Y. Academy of Sciences e fondatore di ATENA onlus per la ricerca e la divulgazione delle neuroscienze,  è  anche autore di numerosi articoli e libri scientifici a livello internazionale.
 

Il cervello è più ampio del cielo
Perché, se li metti fianco a fianco
L’un l’altro conterrà

Con facilità, e te in aggiunta 
                    (Emily Dickinson)

Vai alla Conferenza a Monaco al Théâtre des Variétés

Si tratta di un appassionante “trattato” che attraverso il racconto di salienti momenti di vita lavorativa, delle sue vittorie, ma anche sconfitte, ci  accompagna tra le meraviglie, le scoperte, i misteri del cervello dalla complessità neuro biologica alle più avanzate ipotesi sulla coscienza.
“Suscita stupore che il nostro cervello sia composto di atomi forgiati miliardi di anni fa nel cuore di stelle lontane. Per i fisici noi siamo letteralmente “figli delle Stelle”. Incredibile  che questi atomi si siano assemblati in modo da costruire l’organo più importante dell’universo, e che questi stessi atomi formino una massa in grado di riflettere non solo sulle stesse stelle, ma anche sulla propria capacità di pensare. La storia della nostra mente è la storia dell’uomo nel mutare dei secoli, grandiosa o miserabile, illuminata o mediocre che sia, come  specchio della nostra anima".
Leonardo, affascinato,  ha riprodotto il cervello in sublimi tavole scientifiche; Michelangelo, nella creazione di Adamo della Sistina, ha avvolto il Signore e gli angeli in una nuvola che è una riproduzione dettagliata del profilo del cervello, quasi a voler dire che questo è il dono più importante che sia stato dato all’uomo.
La corteccia cerebrale umana ha un volume 2,75 volte più grande di quella dello scimpanzé, ma ha solo 1,25 volte più neuroni: è  lo spazio occupato dalle reti di connessione e dalle sinapsi a rendere uniche le funzioni della corteccia umana. Le  sinapsi sono come le incredibili scie luminose in un luna park, sfrecciano mentre quantità innumerevoli di sostanze chimiche saltano da una cellula all’altra mandando informazioni. I neuroni, con i loro prolungamenti, sono come gli alberi e, come i rami degli alberi sono fatti per catturare luce, i neuroni, con le loro ramificazioni, sono fatti per catturare contatti. 
Ogni volta che stringiamo una mano, accarezziamo un bambino, abbracciamo la persona che amiamo, capiamo che la vita dipende fortemente da contatti fisici. E anche i neuroni si toccano! Il cervello, a qualunque livello lo si osservi, è una rete. E’ l’operazione organizzata dei nostri neuroni che ci rende intelligenti.
 Durante il sonno, d’altra parte, il cervello taglia una buona parte dei nuovi collegamenti che si sono creati durante il giorno per evitare che il cervello raggiunga un livello di ingolfamento informativo.
Questo meccanismo è detto omeostasi sinaptica. 

Con la corteccia cerebrale si pensa, si ricorda si parla, ma sono le aree più antiche quelle delle emozioni che ci danno il batticuore e rendono viva la nostra esistenza Con il coinvolgimento della corteccia prefrontale oltre che fissare nella memoria il ricordo dell’esperienza piacevole, dell’emozione provata, si dà della stessa una rappresentazione cognitiva che, se positiva, spinge la nostra mente (e non solo il nostro istinto) a ripetere l’esperienza.
L’evidenza delle tante connessioni che la tecnologia oggi ci permette di visualizzare nel cervello fa capire come tra le tante aree vi sia uno scambio continuo di informazioni e come conoscere la struttura e la formazione delle connessioni sia importante per capire il funzionamento della nostra mente. farfalle_dell_anima.jpg

A completamento del primo, consigliamo anche la lettura del nuovo libro di Maira Le farfalle dell'anima. Ricordi di un neurochirurgo perché si tratta del racconto, spesso commosso, di una vita di clinico e scienziato attraverso incontri con innumerevoli pazienti per salvare la vita dei quali la competenza, l’intuito, la passione hanno giocato il ruolo fondamentale, e personaggi e/o pazienti più famosi da Scalfaro, Andreotti, Cossiga, Rita Levi Montalcini, Giancarlo Menotti. Il titolo si rifà al neuroanatomista spagnolo Ramon y Cayal  (premio Nobel nel 1906) che studiò l’organizzazione cellulare del cervello e descrisse la capacità dei suoi neuroni, da lui chiamati “farfalle dell’anima”, di espandersi continuamente. 

 “In questo libro - racconta Maira -  ho cercato di narrare, come se conversassi amabilmente con un amico, la storia di un grande amore quello per la Neurochirurgia, e ho cercato di far capire che ogni lavoro deve essere affrontato con passione, che non si deve mai essere tiepidi davanti a una scelta, ma farla col cuore, e allora si è ripagati. Il mio sogno più bello è che tra gli studenti in Medicina che leggeranno questo libro qualcuno possa essere spinto a ripercorrere la strada qui indicata e che grazie al suo lavoro altri pazienti possano trovare la guarigione e altri campi inesplorati possano essere investigati.”
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politiche_dell_amicizia.jpgPOLITICHE DELL'AMICIZIA, Jacques Derrida 

E' il lavoro più recente di Derrida, dedicato a uno dei grandi temi della filosofia morale: l'amicizia. Tutto gira attorno all'interpretazione e allo smontaggio di una frase che Montaigne riprende da Aristotele: "Oh miei amici, non c'è nessun amico". Questa che appare una manifesta contraddizione si rivela invece come il motore paradossale delle nostre idee principali riguardo al conflitto, alla politica, al dialogo. Derrida ricava così da una frase un'intera tradizione di pensiero, da Aristotele, attraverso Nietzsche, fino a Blanchot e ne indica lo sfondo implicito e l'alone di interdetto che la accompagna e la lascia aperta per noi.
 

Quando nasce un vero rapporto d’amicizia, l’uomo sente il bisogno di condividere le proprie emozioni con il suo amico. È vero ciò che ripeteva Architta di Taranto: “se un uomo salisse in cielo e contemplasse la natura dell’universo e la bellezza degli astri, la meraviglia di tale visione non gli darebbe la gioia più intensa, come dovrebbe, ma quasi un dispiacere, perché non avrebbe nessuno a cui comunicarla”. Questo per indicare che gli amici hanno bisogno di condividere ogni situazione, che sia un momento di gioia come quello che nasce dall’osservazione dell’universo e degli astri, o che sia un momento di disagio, come anche ci fa capire Renzo nel romanzo de “I Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni: “Son cose brutte, cose che non si sarebbe mai creduto di vedere; cose da levarvi l’allegria per tutta la vita; ma però, a parlarne tra amici, è un sollievo”. (continua a leggere su Labottegadeilibri.it)

Jacques Derrida nasce ad Algeri il 15 luglio del 1930. Terzo di cinque figli in una famiglia ebraica sefardita originaria di Toledo. Frequenta la scuola pubblica, ma viene espulso a causa dei provvedimenti antisemiti voluti dalla repubblica collaborazionista di Vichy. Dopo l’espulsione si iscrive presso una scuola ebraica fino al diploma di  maturità. 
Nel dopoguerra si appassiona alla filosofia, e nel 1949 si trasferisce a Parigi, dove viene ammesso alla École Normale Supérieure e nel 1954 consegue il diploma. Vince poi una borsa di studio per Harvard e, dopo essersi sposato, nel 1957 svolge il servizio militare in Algeria. Agli inizi degli anni Sessanta inizia ad insegnare alla Sorbona e tiene numerosi seminari, che negli anni lo porteranno anche negli stati Uniti e in numerosi altri paesi, acquisendo fama a livello internazionale. Ottiene una laurea honoris causa a Cambridge e una a Gerusalemme. Nelle sue numerose opere ha affrontato diverse tematiche, riflettendo anche su questioni politiche quali il terrorismo e le questioni legate al Medio Oriente. Jacques Deridda muore a Parigi il 9 ottobre del 2004.
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neuroni_specchio_cop.jpg I NEURONI SPECCHIO. COME CAPIAMO CIÒ CHE FANNO GLI ALTRI, Marco Iacoboni

A 14 anni dalla prima pubblicazione un libro particolarmente attuale, le cui implicazioni nella ricerca più avanzata sono sempre più ricche, come evidenziato nell’interessantissima intervista coll’autore. Come descrivere la capacità umana di leggere nella mente degli altri individui, comprendendo in modo immediato i loro pensieri e sentimenti e reagendo in modo appropriato alle azioni da essi compiute? Grazie alla scoperta dei neuroni specchio si è aperta una prospettiva di ricerca rivoluzionaria. In particolare, si è constatato che durante l'osservazione di un'azione eseguita da un altro individuo, il sistema neurale dell'osservatore si attiva come se fosse egli stesso a compiere la medesima azione che osserva: di qui il nome "neuroni specchio". Si ritiene che essi rendano possibile l'apprendimento imitativo e la comunicazione verbale. Marco Iacoboni ci conduce direttamente al cuore di queste ricerche, illustrando i principali esperimenti che ne hanno segnato le tappe e discutendo la loro ricaduta a livello scientifico, filosofico e sociale. Dal punto di vista scientifico, la ricaduta più interessante sembra essere l’aver generato molte collaborazioni interdisciplinari tra neuroscienziati e altri tipi di studiosi, ispirando progetti di ricerca molto creativi. “Rizzolatti, Gallese, Fogassi e Fadiga furono i favolosi quattro che insieme trasformarono le neuroscienze (un po' come i Beatles trasformarono la musica)”.
Dal punto di vista filosofico, i neuroni specchio dimostrano come il sé e l’altro non sono così separati, che siamo il prodotto delle nostre relazioni sociali.. Anche il concetto di libero arbitrio viene ridimensionato e ridiscusso. D’altro canto, questo non nega una componente decisionale individuale, dovuta alla presenza di strutture di controllo dei neuroni specchio.
“Da un punto di vista sociale, l’esistenza dei neuroni specchio dimostra che l’evoluzione ha selezionato un meccanismo nel nostro cervello che ci rende fondamentalmente agenti sociali empatici. Siamo stati indottrinati per secoli sul fatto che la nostra natura è egoista e che dobbiamo apprendere a cooperare con gli altri. I neuroni specchio  suggeriscono che la nostra natura è in realtà fondamentalmente empatica. Semmai, sono le influenze culturali che ci rendono egoisti. Rendersi conto di ciò dovrebbe renderci un po’ più immuni da quelle influenze culturali. Iacoboni introduce il concetto di “neuroscienze esistenziali”.

Quando vediamo qualcun altro che soffre o sente dolore, i neuroni specchio ci aiutano a leggere la sua espressione facciale e a farci provare la sofferenza o il dolore di quell'altra persona. Simili momenti, sono la base fondante dell'empatia, e probabilmente anche del senso morale, un senso morale profondamente radicato nella nostra biologia.
I neuroni specchio forniscono per la prima volta, una spiegazione neurofisiologica plausibile per forme complesse di cognizione e di interazione sociale.
Nell'aiutarci a riconoscere le azioni delle altre persone, i neuroni specchio ci aiutano anche a riconoscere e comprendere le ragioni più profonde che stanno dietro a quelle azioni, le intenzioni degli altri individui.

Lectio Magistralis: Marco Iacoboni: Meccanismi neurali e funzionali per empatia e altruismo

Marco Iacoboni è un neurologo e neuroscienziato italiano che fa ricerca e insegna da molti anni alla University of California, Los Angeles (UCLA). È Professore presso il Department of Psychiatry and Biobehavioral Sciences della David Geffen School of Medicine dell’UCLA. Dirige inoltre il Neuromodulation Lab dell’Ahmanson-Lovelace Brain Mapping Center dell’UCLA

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